Page 691 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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ritengo che sia corretta la dizione «secondarie». Non c’è dubbio che la causa primaria
          sia «la determinata accelerazione e ritardamento delle parti della Terra» che ha un ciclo
          di 12 ore. In ordine di importanza, viene poi la «secondaria», a proposito della quale
          Galileo dice più volte che dipende dalla gravità dell’acqua. Il suo ciclo varia in funzione
          di  variabili  come  la  estensione  e  profondità  del  mare  reale,  e  può  alterare,  e  anzi
          nascondere  totalmente,  il  ciclo  di  12  ore  della  causa  primaria.  Come  abbiamo  fatto
          osservare,  è  certo  che  qui  siamo  in  presenza  di  un  equivoco,  e  che  le  variabili  in
          questione possono essere interpretate come «cause seconde» e secondarie, cosa che però
          non incide sul problema in questione. In altre parole, il vento è una «terza causa» che a
          sua volta altera gli effetti della seconda o delle secondarie. Credo inoltre che il termine

          originario fosse esatto, e mi permetto di ignorare la correzione di Favaro.
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             Come si vede, questa esposizione dei «più reconditi ed inopinabili accidenti che in
          questa  materia  si  osservano»  assomiglia  molto  a  una  enumerazione  di  «ipotesi
          ausiliarie» che verrebbero a sminuire la «verificabilità» o «contenuto empirico» della
          teoria galileiana. Ma forse è meglio non assumere atteggiamenti troppo puristi, noi che
          presumiamo di disporre della «teoria valida» da Newton in poi, ma certo è che, come fa
          notare Burstyn, «la nostra incapacità, durata fino al 1960, di dare una soluzione generale
          alle  equazioni  del  movimento  della  marea,  dovrebbe  consigliarci  di  non  condannare
          troppo duramente Galileo per i suoi errori» (Burstyn, 1962, pp. 164 e 181). Come a dire
          che la complessità dei fenomeni correlati alle maree è davvero enorme e in buona parte
          dovuta realmente a peculiarità locali.
          20  Benché Galileo non ne faccia parola, è una tesi che era stata formulata da Aristotele,

          le cui informazioni in proposito erano ottime e vennero superate solo molto più tardi,
          quando non vennero semplicemente confermate. Dopo aver fatto notare che la corrente
          generale del mare è rilevabile più negli stretti perché questi la amplificano, Aristotele
          puntualizza: «Il mare che è all’interno delle colonne d’Ercole [il Mediterraneo], scorre
          tutto  secondo  la  concavità  della  terra  e  la  moltitudine  dei  fiumi:  la  Meotide  [il  Mar
          d’Azov] scorre nel Ponto [Eusino: il Mar Nero], e questo nell’Egeo. Questi fenomeni
          sono  invece  meno  evidenti  negli  altri  mari.  Queste  correnti  sono  dovute  anche  alla
          quantità  dei  fiumi  (sfociano  infatti  più  fiumi  nell’Eusino  e  nella  Meotide  che  nella
          regione più vasta [del Mediterraneo]) e a poca profondità» (Meteorologica, II, 1, 354b
          10-20). Nel 1667, la Royal Society, attraverso P. Rycaut che scriveva da Costantinopoli,
          confermò la direzione delle correnti menzionate da Aristotele (si veda C. Solís, 1990, p.
          103). In realtà, questo flusso generale è dovuto, secondo Aristotele, al fatto che lo stesso
          accade con l’acqua della Terra considerata nel suo insieme, e con l’acqua dei fiumi che
          defluiscono dai monti, in altre parole la massa d’acqua fluisce dalle regioni più elevate

          del  nord  verso  le  più  basse  del  sud.  (Cosa  che,  nel  caso  delle  maree  menzionate,
          coincide con la direzione da oriente a occidente.) Ciò ha per effetto che i mari siano più
          profondi quanto più a sud si trovano. L’Atlantico è però, dice Aristotele, poco profondo
          a causa del fango trascinatovi e l’acqua è tranquilla perché riposa come in una fossa.
          21  Come in precedenza, anche qui Galileo utilizza i venti settentrionali e meridionali per
          indicare questi punti o direzioni.
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             Il riferimento è chiaramente alle colonne di Ercole, cioè allo Stretto di Gibilterra. In
          ogni  caso,  quale  che  sia  l’ampiezza  di  questo  stretto,  esso  implicherebbe  che  vi  si




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