Page 687 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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anneghittisca) che non siamo per ritrovare l’opera fabbricata dalle Sue
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          mani.  Va glia dunque l’esercizio permessoci ed ordinatoci da Dio per
          riconoscere  e  tanto  maggiormente  ammirare  la  grandeza  Sua,  quanto

          meno ci troviamo idonei a penetrare i profondi abissi della Sua infinita
          sapienza.    53

          SAGR.  E  questa  potrà  esser  l’ultima  chiusa  de  i  nostri  ragionamenti
          quatriduani:  dopo  i  quali  se  piacerà  al  Sig.  Salviati  prendersi  qualche

          intervallo di riposo, conviene che dalla nostra curiosità gli sia conceduto,
          con  condizione  però  che,  quando  gli  sia  meno  incomodo,  torni  a
          sodisfare  al  desiderio,  in  particolare  mio,  circa  i  problemi  lasciati

          indietro,  e  da  me  registrati  per  proporgli  in  una  o  due  altre  sessioni,
          conforme  al  convenuto;  e  sopra  tutto  starò  con  estrema  avidità

          aspettando  di  sentire  gli  elementi  della  nuova  scienza  del  nostro
          Accademico  intorno  a  i  moti  locali,  naturale  e  violento.  Ed  in  tanto

          potremo, secondo il solito, andare a gustare per un’ora de’ nostri freschi
          nella gondola che ci aspetta.





                                                    IL FINE.




          1  Si può osservare qui una differenza fondamentale rispetto al Discorso del flusso… del
          1616 nel quale Galileo, dopo le iniziali formule di cortesia, afferma che «è nei mari un
          vero moto locale e, per così dire, progressivo, or verso l’uno ed or verso l’altro termine
          estremo del seno del mare, senza alcuna alterazione di esso elemento, proveniente da
          altro accidente che da locale mutazione». Subito dopo passa a considerare i modi con
          cui si  può  imprimere  un  moto  locale  all’acqua, per  vedere  se  qualcuno  di  essi possa
          essere individuato ragionevolmente quale causa prima delle maree (Opere, V, p. 378);
          certo è che esso, soggiunge, dev’essere «appoggiato su sensate esperienze» (Ibid.). Però
          non si limita a questo e passa direttamente alla considerazione delle cause. E, esposta la
          sua teoria, dice esplicitamente: «andremo essaminando le tante differenze di accidenti
          che intorno ai flussi e reflussi dei mari diversi si scorgono», e comincia l’esame dei fatti.

          Nel Dialogo, invece, a questo punto – sebbene il discorso sia molto simile – si vede che
          Galileo comincia con la preventiva esposizione di alcuni fatti, come se questi fossero
          stati presi in considerazione prima di passare alla teoria; probabilmente, però, non vuole
          trarci in inganno circa la genesi della sua teoria, ma solo preservare perlomeno le forme,
          eliminando i crassi errori di informazione per i quali era stato criticato. In ogni caso,
          come vedremo, la sua teoria non presenta alcun mutamento degno di nota.
          2  Nel Discorso del 1616 non si faceva menzione di tali periodi mensile e annuo. D’altra
          parte, è opportuno ricordare che Burstyn (Burstyn, 1962, p. 184) sostiene che, proprio in
          questo passo, Galileo dice esplicitamente che le maree sono maggiori ai solstizi che agli




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