Page 688 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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equinozi e critica Drake perché nella sua traduzione non ha saputo renderlo evidente. A
          mio avviso, questo testo indica solo che ci sono differenze di entità tra le maree nel
          periodo dei solstizi e quelle degli equinozi, senza però dire quali sono maggiori. Galileo
          invece afferma, in modo tanto chiaro quanto erroneo, che le maree sono maggiori nei
          solstizi, ma non lo fa qui, bensì più avanti, in Opere, VII, p. 484.
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             Si  tratta  di  Marcantonio  De  Dominis,  un  personaggio  con  una  storia  romanzesca,
          appassionante e conclusa da una tragica fine, del quale Redondi (Redondi, 1983, cap. 4,

          pp. 136 ss.) ci ha dato un ritratto di straordinaria bellezza, quale metafora del lato oscuro
          della Controriforma durante il pontificato di Urbano VIII. De Dominis, gesuita, prelato
          e vescovo di Spalato, in seguito fuggì in Inghilterra, dove si convertì al protestantesimo
          e  curò  l’edizione  dell’Istoria  del  Concilio  Tridentino  di  Paolo  Sarpi  che
          immediatamente fu messa all’Indice. La pubblicazione di un’opera che smascherava i
          meccanismi interni, non sempre confessabili, del Concilio, fu una dura pugnalata agli
          sforzi del cattolicesimo in quei tempi difficili, una colpa per la quale dovette pagare un
          duro prezzo. Pentito, sarebbe tornato al cattolicesimo, collezionando, nel suo andare e
          venire, due imputazioni e tre condanne, l’ultima delle quali fu inflitta al suo cadavere,
          che  le  autorità  ecclesiastiche  di  Roma  fecero  esumare  ed  esporre  pubblicamente  per
          essere giudicato e bruciato, in uno spettacolo orripilante. Ciò nonostante, De Dominis
          trovò il tempo di dedicarsi alla scienza, e una delle sue opere fu l’Euripus seu de fluxu et
          refluxu maris sententia del 1624, dove espose la teoria menzionata nel testo.
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             Si  tratta,  come  dice  Galileo  nel  sommarietto  a  margine,  di  Girolamo  Borro  (1512-
          1592),  medico  e  filosofo  che  insegnò  in  varie  città  francesi  e  italiane.  Da  professore
          all’università di Pisa, quando Galileo era studente, polemizzò con il collega Francesco
          Buonamici. Galileo lo critica già nel De motu. Espose le idee menzionate da Galileo nel
          suo Del flusso e riflusso del mare e dell’inondatione del Nilo, pubblicato a Firenze nel
          1577.  Sia  Bernardino  Telesio  che  il  Patrizi  sostenevano  teorie  simili.  Si  veda  Shea,
          1974, p. 218, e la prefazione di Robert L. Ellis al De fluxu et refluxu maris di Bacone (in
          The Works of Francis Bacon, 1858, III, p. 41).
          5  Pare chiaro che, in questi ultimi paragrafi, Galileo abbia introdotto un primo accenno
          all’argomento  di  papa  Urbano  VIII  sull’onnipotenza  divina  come  causa  diretta  delle
          maree, che Galileo enuncia a conclusione dell’opera, come gli era stato ordinato. Val la
          pena di sottolineare che la commissione nominata dal papa per esaminare il Dialogo
          espresse  tra  l’altro  il  parere  che  l’argomento  papale  era  stato  posto  in  bocca  a  un

          sempliciotto  –  e  Galileo  lo  pone  infatti  in  bocca  a  Simplicio  –  e  che  non  era  stato
          oggetto di ampia discussione. Pare che i membri della commissione non abbiano forse
          letto l’opera con molta attenzione, ma che abbiano comunque visto in questi paragrafi
          un  giudizio,  più  che  ironico,  dell’arbitrarietà  dell’argomento.  E  altrettanto  che
          presentando  con  iperbole  letteraria  come  «miracolose  tutte  l’opere  della  natura  e  di
          Dio», Galileo abbia potuto dare l’impressione di essere tanto più ironicamente offensivo
          quanto più condiscendente.
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            Questa interpretazione di tipo animistico, che ricorre all’immagine della respirazione,
          era  stata  proposta  da  vari  autori  arabi  e  raccolta  da  Antonio  Ferrari,  soprannominato
          Galateo, nel suo Liber de situ elementorum, pubblicato a Basilea nel 1558. D’altra parte,
          e nonostante il tono ironico di Galileo, in quel momento l’idea dell’esistenza di orifizi o




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