Page 685 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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del quale a me fa di mestiero una più fissa o lunga applicazione di
mente, la quale sin ora dalla novità e dalla difficultà mi resta assai
offuscata: ma non dispero, col tornar da me stesso, in solitudine e
silenzio, a ruminar quello che non ben digesto mi rimane nella fantasia,
d’esser per farmene possessore. Aviamo dunque da i discorsi di questi 4
giorni grandi attestazioni a favor del sistema Copernicano; tra le quali
queste tre, prese, la prima, dalle stazioni e retrogradazioni de i pianeti e
da i loro accostamenti e allontanamenti dalla Terra, la seconda dalla
revoluzion del Sole in sé stesso e da quello che nelle sue macchie si
osserva, la terza da i flussi e reflussi del mare, si mostrano assai
concludenti.
SALV. Ci si potrebbe forse in breve aggiugner la
Sig. Cesare Marsilii
osserva, la meridiana quarta, e per avventura anco la quinta: la quarta,
dico, presa dalle stelle fisse, mentre in loro per
esser mobile.
esattissime osservazioni apparissero quelle
minime mutazioni che il Copernico pone per insensibili. Surge di
presente una quinta novità, dalla quale si possa arguir mobilità nel globo
terrestre, mediante quello che sottilissimamente va scoprendo
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l’Illustrissimo Sig. Cesare della nobilissima famiglia de i Marsilii di
Bologna, pur Accademico Linceo, il quale in una dottissima scrittura va
esponendo come ha osservato una continua mutazione, benché
tardissima, nella linea meridiana; della quale scrittura, da me
ultimamente con stupore veduta, spero che doverà farne copia a tutti gli
studiosi delle meraviglie della natura.
SAGR. Non è questa la prima volta che io ho inteso parlar dell’esquisita
dottrina di questo Signore, e di quanto egli si mostri ansioso protettor di
tutti i litterati; e se questa o altra sua opera uscirà in luce, già possiamo
esser sicuri che sia per esser cosa insigne.
SALV. Ora, perché è tempo di por fine a i nostri discorsi, mi resta a
pregarvi, che se nel riandar più posatamente le cose da me arrecate
incontraste delle difficultà o dubbii non ben resoluti, scusiate il mio
difetto, sì per la novità del pensiero, sì per la debolezza del mio ingegno,
sì per la grandezza del suggetto, e sì finalmente perché io non pretendo
né ho preteso da altri quell’assenso ch’io medesimo non presto a questa
fantasia, la quale molto agevolmente potrei ammetter per una vanissima
chimera e per un solennissimo paradosso: e voi, Sig. Sagredo, se ben ne i
discorsi avuti avete molte volte con grand’applauso mostrato di rimaner
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