Page 636 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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rispettivi  schemi  concettuali  non  potrebbero  essere  più  inconciliabili.  Come  si  può
          vedere,  Galileo  è  un  meccanicista  incipiente,  che  seduta  stante  riduce  il  problema  al
          contatto tra i componenti minimi della materia. Si tratta, come è ovvio, dell’ontologia e
          legalità meccanicistica, che, come dice Galileo poco più avanti, indirizza fin dall’inizio
          il ragionamento sul cammino della verità. È quanto faranno più tardi Cartesio o Hooke.
          In questo modo viene eliminata per definizione, l’ontologia magica, tutta la rete di forze
          occulte, la trama segreta di analogie postulate dal pensiero magico rinascimentale, alle
          cui categorie si rifà in questo passo Simplicio. Si tratta dell’idea di cui, senza che sia di
          ostacolo al suo sperimentalismo ammirato da Galileo, è totalmente imbevuto Gilbert, il
          quale  pensa  e  presenta  il  magnetismo  in  termini  animistici:  «La  forza  magnetica  è

          animata o imita la vita. E in molte cose sorpassa la vita umana dal momento che questa
          è imprigionata nell’organismo corporeo». A ragion veduta si è potuto affermare che il
          De magnete era «l’ultima opera importante nel settore della magia naturale… Il primo
          capitolo di Gilbert è quasi completamente una bibliografia di scritti di magia naturale»
          (si veda Marie Boas Hall, 1973, pp. 160-161 e 216-218). È proprio il modo di pensare al
          quale  ha  voltato  le  spalle  Galileo,  come  risulta  dalla  sua  critica  a  quel  verbalismo
          magico che tratta con disprezzo. Soltanto una storiografia ottusamente positivistica può
          vedere una difficoltà nel fatto che lo sperimentalismo si presenti come una componente
          comune di contesti concettuali tanto diversi.
          112
               Nell’edizione  originale  si  legge  «posso»,  ma  nel  suo  già  menzionato  esemplare,
          Galileo lo ha corretto di proprio pugno con «posson».
          113  È un argomento che induce a reticenza. Si ricordi che Copernico afferma che il moto

          circolare  è  connaturale  alla  forma  sferica,  e  infatti  inizia  il  De  revolutionibus  con
          affermazioni di questo tipo, riprendendo in tal modo un assioma che si era imposto fin
          da Platone. Aristotele lo argomenta esplicitamente (De caelo, I, 2, 269a-269b; e II, 4,
          286b 10 ss.). Ma nello Stagirita tale movimento è quello naturale e proprio dei corpi
          celesti. L’astuzia di cui dà prova Copernico nel De revolutionibus consiste nell’insistere
          testardamente, in primo luogo (libro I, capp. 2 e 3), che la Terra è sferica; in secondo
          luogo (cap. 4), sulla connaturalità del movimento circolare alla forma sferica nei corpi
          celesti; e infine (cap. 5), nel trasferire questo stesso rapporto al caso della Terra, a causa
          del suo carattere sferico, trattandola così, surrettiziamente, come un altro corpo celeste.
          Fin qui, come abbiamo visto nella Giornata prima, Galileo lo segue con entusiasmo. E
          allora,  perché  questa  sua  replica  negativa  a  Gilbert?  Cos’è  che  Gil-bert  aggiunge  a
          quanto  ha  affermato  Copernico  e  ha  accolto  lo  stesso  Galileo,  che  pure  risulta
          inaccettabile  a  quest’ultimo?  Certo  è  che,  in  realtà,  l’esperienza  non  sembra  un
          argomento a sfavore perché, in fin dei conti, Gilbert parla di un pezzo di calamita con

          proprietà ideali. D’altro canto, Galileo non possiede una teoria dinamica che spieghi i
          moti  terrestri  di  rotazione  e  rivoluzione  e  che  sia  in  contraddizione  con  l’ipotesi  di
          Gilbert.  Non  si  capisce  quindi  esattamente  quale  sia  l’argomento  teorico  che  Galileo
          cerca di opporre; d’altro canto, le idee metafisiche presentano il vantaggio di essere più
          facilmente circoscrivibili e adattabili secondo le nostre convenienze.
          Può darsi che la critica abbia qualche attinenza con le ragioni sottese all’atteggiamento
          di Gilbert, il quale crede che Aristotele abbia errato attribuendo il carattere di «animato»
          solo ai cieli. Secondo Gilbert, anche la Terra era animata, e la sua virtù magnetica era




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