Page 629 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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Galileo comprese perfettamente qual era il nocciolo delle differenze e soggiunge che,
sia pure con alcune supposizioni che gli sembrano necessarie, la lettura del passo ci
permette di riconoscerlo (Drake, 1970, pp. 191-196). Senza dubbio, però, l’articolo più
importante e chiarificatore, ancorché forse non esente da difficoltà, è quello di Mark
Smith che è meno criptico e inoltre evita certi anacronismi delle analisi precedenti.
Stando a Smith, Drake aveva ragione, ma non si spinse abbastanza avanti con la sua
argomentazione e non si servì degli argomenti pertinenti. Accettata la difficoltà e
l’oscurità del testo di Galileo, Smith passa in rassegna le possibili interpretazioni e le
conseguenti comparazioni tra le soluzioni, del sistema copernicano-galileiano e di
quello tolemaico, del problema delle macchie e conclude che in ogni caso il sistema
copernicano è effettivamente più semplice e logicamente più coerente di quello
tolemaico. In altri termini, le rispettive risposte non sono equivalenti e l’argomento di
Galileo è «assolutamente conclusivo». Anche nel caso dell’interpretazione più
favorevole alla teoria tolemaica, nella quale essa richiede l’attribuzione di soli tre
movimenti al Sole – come quella copernicana – per spiegare le apparizioni delle
macchie, dal punto di vista sistematico la teoria tolemaica è assai inferiore. La teoria
copernicana richiede un unico piano orbitale, quello dell’eclittica; quella tolemaica ne
richiede due, quello dell’eclittica e quello dell’equatore. La teoria copernicana esige un
unico centro orbitale, il Sole; quella tolemaica ha invece, bisogno di due centri, quello
della Terra, centro del movimento annuo del Sole, e un punto che si muove da nord a
sud con l’ampiezza richiesta dall’eclittica, 47°, lungo l’asse celeste, e che è centro del
moto diurno del Sole (Mark Smith, 1985). Keith Hutchison (Hutchison, 1990) sembra
ribattere a Smith che così si aggiunge al sistema copernicano il movimento del Sole su
se stesso, senza permettere, per rendere adeguato il paragone, che nel sistema tolemaico
la Terra ruoti. Non credo che la risposta sia molto pertinente, comunque rende evidente
che, sebbene siano state esaurientemente ricostruite le possibili interpretazioni del
sistema galileiano, continuiamo a ignorare quali fossero il punto di vista e la risposta
concreti che dava Galileo. Smith ha fatto quella che può ben dirsi un’eccellente
ricostruzione logica, la quale però non garantisce, com’è ovvio, la fedeltà storica. La sua
ricostruzione è indispensabile per sapere cosa avrebbe potuto dedurre Galileo a partire
dai dati che presenta, una volta eliminate o interpretate le incongruenze e le oscurità alle
quali abbiamo accennato. Non sappiamo però, né possiamo sapere, se è proprio questo
ciò che voleva dire o che sarebbe giunto a dire Galileo. La rico-struzione logica non
può tener conto della possibilità che Galileo non approdasse a un’analisi corretta e che
la sua oscurità non fosse semplicemente espositiva e frutto della fretta. Com’è ovvio,
questa non è una contestazione all’analisi di Smith che, in ogni caso, è opportuna, e
inoltre rimanda a un problema storiografico importante: poiché pretendiamo che la
nostra esposizione storica abbia senso e congruenza, rischiamo di imporla indebitamente
alla storia, falsificandola.
Nel passo galileiano, oltre al problema del sistema di coordinate menzionato, risaltano
alcuni punti oscuri, e sono quelli che rendono più difficile la comprensione globale. In
primo luogo, quello della chiara identificazione della variazione dell’inclinazione
dell’asse di rotazione solare. A prima vista, si tratta di un moto analogo al terzo moto,
«di declinazione, a sua volta di rivoluzione annua, ma in precedenza», che Copernico
attribuisce all’asse terrestre perché si mantenga parallelo a se stesso. Comunque, Galileo
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