Page 625 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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spiegarsi per mezzo di moti circolari e uniformi. Copernico, che continua a utilizzare
tutti gli altri espedienti geometrici tradizionali, gli eccentrici e il sistema deferente-
epiciclo, lo dice esplicitamente nel suo Commentariolus: «Tuttavia, ciò che da Tolomeo
e da molti altri qua e là su tali questioni fu tramandato, sebbene fosse matematicamente
accettabile, non sembrava per questo non dare origine a dubbi e difficoltà. Questo sisma
infatti non bastava e bisognava che si immaginassero anche alcuni circoli equanti, con i
quali però appariva che il pianeta non si muoveva di moto uniforme, né sulla sfera
deferente, né intorno al suo centro. Per cui una tale spiegazione non pareva
sufficientemente compiuta né sufficientemente conforme ad un criterio razionale» (in
Copernico, 1979, p. 108). Come dire che Copernico e Galileo credono che, se si vuole
separare il centro geometrico dal centro di velocità uniforme, bisogna fornirne una
ragione fisica, cosa che Tolomeo non fa. In definitiva, vediamo una volta di più che
tanto Copernico quanto Galileo restano ancora fedeli al dogma platonico della
circolarità e uniformità che verrà accantonato soltanto con Keplero, il quale avrebbe
fatto temporaneamente ricorso all’equante e avrebbe scoperto l’orbita ellittica dei
pianeti.
60 Già in precedenza abbiamo accennato a questo punto. Qui basti dire che, nel sistema
di Tolomeo, il movimento diurno di tutti i corpi celesti, pianeti inclusi, è verso ovest,
mentre il movimento «annuo» dei pianeti è verso est. Nel sistema di Copernico, invece,
i moti diurno e annuo della Terra e degli altri pianeti intorno al Sole sono tutti verso est.
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Più volte abbiamo insistito sul carattere propagandistico di questo argomento, ma qui
sono opportune alcune puntualizzazioni. Nel sistema copernicano, infatti, le
retrogradazioni dei pianeti sono solo apparenti, come spiega più avanti Galileo, illusioni
ottiche provocate dal moto annuo della Terra sulla quale si trova l’osservatore, e non già
il risultato di combinazioni di grandi epicicli e deferenti come nel sistema tolemaico.
Può sembrare un argomento a favore della teoria copernicana, ma non ha maggiore
importanza di quella di argomenti di carattere estetico. La spiegazione copernicana delle
retrogradazioni è magari più bella, ma, a parte il fatto che non è precisa, è forse più
semplice, come sostengono ripetutamente Copernico e Galileo? Il primo problema che
si pone riguarda ciò che si deve comparare. Nell’affermazione conclusiva del
Commentariolus, Copernico dice che il suo sistema richiede 34 sfere; ma quando si
trovò a doverlo rappresentare matematicamente nel De revolutionibus, eliminando gli
equanti di Tolomeo e affrontando altre difficoltà minori, il numero in questione andò
aumentando fino a 48, cioè otto di più, come pare, di quelli richiesti dal sistema di
Tolomeo al quale – sia detto di passaggio – alcuni storici ne avevano peraltro attribuiti
80. Orbene, non sembra molto coerente confrontare la somma di sfere o cerchi del De
revolutionibus e dell’Almagesto per la semplice ragione che nell’Almagesto non c’è un
sistema, dato che per uno stesso pianeta sono usati espedienti geometrici a volte
fisicamente incompatibili. In seguito alle discussioni in merito, venne recuperata
un’altra opera di Tolomeo, le Ipotesi dei pianeti, nella quale si tenta di inserire gli
espedienti computazionali in un sistema unitario con pretese cosmologiche. Qui c’è
davvero un sistema che si potrebbe paragonare numericamente con quello di Copernico.
Tolomeo presenta qui un sistema di 43 sfere, pur facendo notare che con il suo
meccanismo di «pezzi separati» potrebbero ridursi a 29, e con altre ipotesi alternative il
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