Page 622 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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garanzia di affermazioni corrette nell’ambito dell’astronomia. Nella lettera dedicatoria a
Paolo III egli accenna in effetti a Lattanzio che aveva messo in ridicolo l’idea della
forma sferica della Terra e l’esistenza degli antipodi (Copernico, 1975, p. 23). Quanto
alla negazione e derisione dell’esistenza degli antipodi, essa fu unanime tra i Padri della
Chiesa: sant’Agostino pensava che «non ci sarebbe nessuna ragione per credere» alla
loro esistenza e molte invece per non credervi. Gli sembrava anzi un argomento decisivo
contro la possibilità dell’esistenza degli antipodi, perché non avrebbero potuto assistere
de visu alla seconda venuta del Cristo. Ma, come ci ricorda Andrew D. White,
l’argomento decisivo di sant’Agostino era la reiterata affermazione biblica secondo la
quale: «Per tutta la Terra si è levata la loro voce, e sino ai limiti estremi della Terra le
loro parole». Quindi, dal momento che non risulta che i predicatori siano andati a dare la
buona novella agli antipodi, gli antipodi non esistono. Un’idiozia logicamente
impeccabile che veniva sostenuta ancora nel XIV secolo. Si veda Andrew D. White,
1896, cap. 2.
53 Qui termina il testo inserito da Galileo nel suo originale (vedi nota 49).
54 In realtà, Copernico, nel libro I, cap. X del De revolutionibus (Copernico, 1975, p.
89), menziona quest’ipotesi solo marginalmente, come proposta da altri e criticandola.
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Dobbiamo insistere qui su un problema che abbiamo già menzionato. È chiaro che
«comprendere» riguarda sostanzialmente l’attività intellettuale. Ma è certo che, da come
Galileo usa il termine a più riprese, lo si può intendere come un «afferrare», che implica
sia l’accezione di «percepire con l’intelligenza» sia «percepire con i sensi». Inoltre,
come nel caso del successivo intervento di Sagredo, risulta evidente che laddove si dice
che «comprendiamo» Venere e Marte al solo vederli, il verbo allude all’«afferrare» o
percepire con i sensi (con la vista). In altri casi, però, il significato è decisamente
antitetico. Orbene, anche se intendessimo sempre «comprendere» come «afferrare», non
si eviterebbe o si nasconderebbe il sotteso problema epistemologico. Vale la pena di
ricordare l’affermazione di Galileo nella Giornata seconda, dove esplicitamente dice che
bisogna diffidare delle rappresentazioni dei sensi, e critica Simplicio per «volerci far
comprendere co’l senso» (Opere, VII, p. 280; si veda la nostra nota 137 alla Giornata
seconda). In tal caso si tratta di stabilire quale sia la traiettoria di una pietra che si lasci
cadere dall’alto di una torre. Simplicio dice, che, come si vede, la traiettoria è «per linea
retta e perpendicolare», mentre Salviati afferma che è «un composto di due, cioè di
quello col quale ella [pietra] misura la torre, e dell’altro col quale ella la sega», e che
non basta a stabilirlo l’esperienza sensibile. È ovvio, pertanto, che in questo caso
Galileo fa propria una posizione in contrasto con quella; adesso infatti afferma, non solo
che si può «comprendere» con i sensi, bensì che, a quanto sembra, ci sono cose che si
possono «comprender» soltanto appunto con i sensi. In un certo senso, questo è dunque
sicuro. Il problema però qui consiste nel fatto che Galileo non considera opportuno
introdurre la questione dell’affidabilità dei sensi; più ancora, il fatto che prosegua
spiegando che le caratteristiche dei nostri occhi ci ingannano quanto alla dimensione dei
pianeti, non gli sembra di ostacolo quanto alla loro affidabilità, cosa che d’altra parte lo
porta a sottolineare le virtù del telescopio. Tuttavia, nel campo delle osservazioni
astronomiche e soprattutto delle sue osservazioni telescopiche, questo fu un argomento
ripetutamente usato da certi suoi critici. Mi limiterò, in proposito, a due osservazioni,
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