Page 615 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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di Toomer, del 1984, p. 44). Ma Copernico, nel De revolutionibus, libro I, cap. 6, si
servì di questa argomentazione per giustificare la mancanza di parallasse delle stelle, ed
è questo il senso che qui Galileo raccoglie e chiarisce.
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A questo punto, «Dopo “correzioni”, Galileo scrisse in G, dapprima, quanto appresso:
“Cominciando dunque a lavorare, già chiara cosa è che tutte le indagini le quali ci
rendono la stella nuova per infinito intervallo sopra le stelle fisse, errano nel porla
troppo alta, onde la correzione si ha da fare col moderar quelli eccessi o mancanze di
gradi o minuti presi con errore nell’osservare, in maniera che il calcolo ritiri la stella
nuova da una lontananza impossibile ad una non impossibile. Onde, mentre noi
anderemo pian piano ritirando ed abbassando la stella, assai prima la condurremo nel
firmamento che sotto la Luna, dove ella non può scendere senza passar per gli orbi delle
fisse e di tutte le stelle erranti. Però, se giudicar si debbe che tanti astronomi abbiano,
nell’osservare, più presto errato di poco che di molto, tutte le indagini che sublimavano
esorbitantemente la stella nuova, emendate, applaudono all’opinione di quelli che la
stimano essere stata nel cielo e altissima; e le indagini a favor di questa parte sono molte
più in numero che le contrarianti, ed anco fatte da i più stimati astronomi, come
vedremo appresso”. Poi Galileo cancellò questo tratto, e dopo correzioni scrisse:
“emendando tutte l’osservazioni”.»
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Come abbiamo già detto, qui Galileo si riferisce al mondo sublunare dei quatto
elementi, terra, acqua, aria e fuoco.
14 Né nell’edizione originale né nel manoscritto G. si ritrova a questo punto l’altezza
della stella di 23° 3’ che si può invece trovare indicata alcune pagine più avanti,
attribuita al Langravio.
15 A questo punto Favaro segnala che, sia nell’edizione originale come nell’autografo
G., viene indicato questo valore di 154° 45’, mentre è ovvio che dovrebbe essere 154°
35’. Galileo, continua Favaro, sta utilizzando la tavola di Copernico che per l’angolo
BDC dà appunto 154° 35’ e pertanto 42.920 per il rispettivo seno invece di 42.657 come
è indicato nel testo. Dato però che l’intero calcolo successivo presuppone questo errore,
non ha senso correggerlo. Come si vede, Galileo indica, nella prima riga il quoziente,
nella seconda il divisore e il dividendo nella terza, il primo resto seguito dalle unità dei
successivi, e nella quarta, le decine di questi stessi resti, salvo il primo che già compare
nella terza riga. Gli spazi vuoti corrispondono agli zeri.
16 Riassumendo, da un lato Galileo ci dice che, prendendo il triangolo BCD, si ha che:
BD/BC = seno BCD/seno BDC = 58/42.657
Pertanto,
BC = (BD × 42.647)/58
Perciò, se, come ci dice, BD equivale a 8.142 quando BA è uguale a 100.000, ecco che
allora, per la regola del tre o «regola aurea» come la chiama Galileo:
BC = (8.142 × 42.657)/58
BC = 347.313.294/58 = 5.988.160 1/4
E se dividiamo nuovamente per 100.000, vale a dire se BA equivale a 1, allora BC =
59,888160.
Come si vede, nel calcolo quale è riportato da Galileo immediatamente sotto la figura e
nei casi successivi, tra gli addendi della moltiplicazione (42.656 × 8.142) e il risultato
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