Page 613 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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1  Galileo sapeva quel che diceva e la sua non era una semplice premonizione. In senso
          lato,  possiamo  capirlo  perfettamente,  perché  non  soltanto  i  domenicani  in  un  primo
          tempo, e poi i gesuiti, effettivamente «macchinarono» contro di lui, ma a partire dalle
          sue  scoperte  astronomiche  del  1610  si  era  formato  un  gruppo  organizzato  che  si
          autodefiniva «Lega», che tentava di screditarlo e trascinarlo sul terreno effettivamente
          pericoloso  della  teologia  e  dell’interpretazione  delle  Scritture,  come  si  deduce  dalla
          corrispondenza di Galileo (si veda Opere, XI, pp. 241 e 462, e Introduzione, pp. 126

          ss.). Tuttavia, nel contesto più concreto di queste affermazioni, e soprattutto per ciò che
          lo induce a riflettere, muovendo dall’interessante conclusione alle premesse necessarie
          per difenderla, l’intero paragrafo può essere interpretato come un ulteriore riferimento a
          Chiaramonti. A parte il fatto che Galileo ha già fatto una allusione marginale in questo
          senso nella Giornata prima (Opere, VII, p. 77), anche i suoi discepoli sono al corrente di
          questo  suo  modo  di  fare.  Per  esempio,  Niccolò  Aggiunti,  succeduto  a  Castelli  sulla
          cattedra  di  Pisa,  in  una  lettera  del  27  aprile  1628  informava  Galileo  di  una
          conversazione  che  aveva  avuto  con  Chiaramonti  a  proposito  delle  macchie  solari,  e
          risulta  evidente  che  lo  considerava  piuttosto  astuto.  Aggiunge  però  che  Chiaramonti
          tentava di «andar cercando tanto fin che egli si abbatta in osservazioni così storpiate che
          si possino accomodare alle sue sconce opinioni, un pezzo fa concepite» (Opere, XIII, p.
          419). Si veda in merito A. Carugo, «Gli avversari di Galileo e il loro contributo alla
          genesi ed immediata fortuna del “Dialogo”…», in Carlo Maccagni, a cura di, 1972, pp.
          158 ss.
          2  La pertica romana, di cui parla Galileo, ha una lunghezza di circa tre metri.

          3  «Nel punto di inversione si ha quiete». Si veda Aristotele, Fisica, VIII, 8, 262a 14; e
          263a 1-2.
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            Nei Manoscritti Galileiani della Biblioteca Nazionale di Firenze (T. II della Parte IV)
          si trova una digressione autografa di Galileo sul tema di questa parte, relativa alla novae
          del 1572 e 1604, che è quasi identica a quella che si fa qui, (Opere, VII, pp. 301 lin. 34-
          p. 346 lin. 26). Nel suo apparato critico, Favaro ha indicato il menzionato autografo con
          la lettera G., riportando a piè di pagina le varianti di maggiore importanza rispetto al
          testo  pubblicato;  perlopiù,  esse  non  hanno  interesse  teorico  e  ci  limiteremo  a  citarne

          alcune  in  poche  occasioni.  In  questo  caso,  per  semplificare  il  riferimento,  anche  noi
          alluderemo al manoscritto con la lettera G.
          5   Effettivamente,  nel  Saggiatore  (Opere,  VI,  p.  231),  Galileo  si  era  riferito  a

          Chiaramonti in difesa e sostegno delle proprie tesi. Si veda in proposito l’Introduzione,
          pp. 68 ss.
          6   Si  tratta  di  Antonio  Lorenzini  da  Montepulciano,  che  nel  1605,  ispirato
          dall’aristotelico Cesare Cremonini, pubblicò a Padova un opuscolo sulla nova del 1604
          intitolato De numero, ordine et motu coelorum, e l’anno seguente un Discorso dell’Ecc.

          Sig. Antonio Lorenzini da Montepulciano intorno alla Nuova Stella. Nel De stella nova
          in  pede  Serpentarii,  Keplero  criticò  Galileo  e  i  matematici  italiani  per  non  averlo
          confutato.  Galileo  però  gli  aveva  risposto  sotto  pseudonimo  nell’opera  Dialogo  de
          Cecco di Ronchitti da Bruzene in perpuosito de la stella nuova, Padova, 1605.
          7  Cioè il mondo sublunare.
          8  A questo punto, nel manoscritto G. si legge, in un brano non riportato nell’edizione a



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