Page 606 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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tali parti eterogenee son per la grandezza loro molto                      calamita.
          visibili,  così  possiamo  credere  altre  in  gran  copia,

          per la lor piccolezza incospicue, esserne disseminate per tutta la massa.
          Confermasi quanto io dico (cioè che la moltitudine de’ toccamenti che si

          fanno tra ferro e ferro è causa del tanto saldo congiugnimento) da una
          esperienza: la qual è, che se noi presenteremo l’aguzza punta d’un ago

          all’armatura  della  calamita,  non  più  validamente  se  gli  attaccherà  che
          alla medesima ignuda; il che da altro non può derivare che dall’esser i

          due  toccamenti  eguali  cioè  amendue  di  un  sol  punto.  Ma  che  più?
          prendasi  un  ago  e  pongasi  sopra  la  calamita  sì  che  una  delle  sue
          estremità sporga alquanto infuori, ed a quella si appresenti un chiodo, al

          quale  subito  l’ago  si  attaccherà,  in  maniera  che  ritirando  in  dietro  il
          chiodo,  l’ago  si  ridurrà  sospeso,  ed  attaccato  con  le  sua  estremità  alla

          calamita ed al ferro, e ritirando ancora più il chiodo, staccherà l’ago dalla
          calamita, se però la cruna dell’ago sarà unita al chiodo e la punta alla
          calamita; ma se la cruna sarà verso la calamita, nel rimuovere il chiodo

          l’ago resterà attaccato con la calamita, e questo (per mio giudizio) non
          per altro, se non che, per esser l’ago più grosso verso la cruna, tocca in

          molti più punti che non fa l’acutissima punta.
          SAGR. Tutto il discorso mi è parso molto concludente, e quest’esperienze

          dell’ago me lo rendon di poco inferiore a una dimostrazion matematica:
          ed  ingenuamente  confesso  di  non  avere  in  tutta  la  filosofia  magnetica

          sentito o letto altrettanto, che con simil efficacia renda ragione di alcun
          altro de’ suoi tanti maravigliosi accidenti; de i quali se avessimo le cause
          con  tanta  chiarezza  spiegate,  non  so  qual  più  suave  cibo  potesse

          desiderare l’intelletto nostro.
          SALV. Nell’investigar le ragioni delle conclusioni a noi ignote, bisogna

          aver ventura d’indirizzar da principio il discorso verso la strada del vero;
          per  la  quale  quando  altri  si  incammina,  agevolmente  accade  che

          s’incontrino altre ed altre proposizioni conosciute per vere, o per discorsi
          o per esperienze, dalla certezza delle quali la verità della nostra acquisti

          forza ed evidenza, come appunto è accaduto a me del presente problema:
          del quale volendo io con qualche altro riscontro assicurarmi se la ragione
          da me investigata fusse vera, cioè che la sustanza della calamita fusse

          veramente assai men continuata che quella del ferro o dell’acciaio, feci,
          da quei maestri che lavorano nella Galleria del Gran Duca mio Signore,

          spianare  una  faccia  di  quel  medesimo  pezzo  di  calamita  che  già  fu
          vostro,  e  poi  quanto  più  fu  possibile  pulire  e  lustrare;  dove  con  mio



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