Page 604 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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SALV.  Io  sommamente  laudo  ammiro  ed  invidio  questo  autore,  per
          essergli caduto in mente concetto tanto stupendo circa a cosa maneggiata

          da infiniti ingegni sublimi, né da alcuno avvertita; parmi anco degno di
          grandissima laude per le molte nuove e vere osservazioni fatte da lui, in

          vergogna di tanti autori mendaci e vani, che scrivono non sol quel che
          sanno, ma tutto quello che senton dire dal vulgo sciocco, senza cercare

          di assicurarsene con esperienza, forse per non diminuire i lor libri: quello
          che  avrei  desiderato  nel  Gilberti,  è  che  fusse  stato  un  poco  maggior

          matematico,  ed  in  particolare  ben  fondato  nella  geometria,  la  pratica
          della  quale  l’avrebbe  reso  men  risoluto  nell’accettare  per  concludenti
          dimostrazioni  quelle  ragioni  ch’ei  produce  per  vere  cause  delle  vere

          conclusioni da sé osservate; le quali ragioni (liberamente parlando) non
          annodano e stringono con quella forza che indubitabilmente debbon fare

          quelle  che  di  conclusioni  naturali,  necessarie  ed  eterne,  si  possono
          addurre:  e  io  non  dubito  che  co  ’l  progresso  del  tempo  si  abbia  a
          perfezionar  questa  nuova  scienza,  con  altre  nuove  osservazioni,  e  più

          con vere e necessarie dimostrazioni. Né per ciò deve diminuirsi la gloria
          del primo osservatore; né io stimo meno, anzi ammiro più assai, il primo

          inventor della lira (benché creder si debba che lo                       I primi osservatori
          strumento  fusse  rozissimamente  fabbricato,  e  più
                                                                                   ed inventori degni
          rozamente  sonato),  che  cent’altri  artisti  che  ne  i
          conseguenti  secoli  tal  professione  ridussero  a                      di essere ammirati.

          grand’esquisitezza:  e  parmi  che  molto  ragionevolmente  l’antichità
          annumerasse  tra  gli  Dei  i  primi  inventori  dell’arti  nobili,  già  che  noi
          veggiamo il comune de gl’ingegni umani esser di tanta poca curiosità, e

          così poco curanti delle cose pellegrine e gentili, che nel vederle e sentirle
          esercitar  da  professori  esquisitamente  non  per  ciò  si  muovono  a

          desiderar d’apprenderle; or pensate se cervelli di questa sorta si sariano
          giamai applicati a volere investigar la fabbrica della lira o all’invenzion

          della musica, allettati dal sibilo de i nervi secchi di una testuggine o dalle
          percosse di quattro martelli.           109  L’applicarsi a grandi invenzioni, mosso

          da piccolissimi principii, e giudicar sotto una prima e puerile apparenza
          potersi contenere arti maravigliose, non è da ingegni dozinali, ma son

                                              concetti e pensieri di spiriti sopraumani.  Ora,
            Cagione vera della
                                              rispondendo alla vostra domanda, dico che io
            gran multiplicazione di
                                              ancora  lungamente  ho  pensato  per  ritrovar
            virtù nella calamita
                                              qual  possa  essere  la  cagione  di  questa  così
            mediante l’armatura.




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