Page 950 - Giorgio Vasari
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ammalatosi  vi  si  morì  con  incredibile  dispiacere  di  quel  signor
               Marchese e di chiunche lo conosceva.

               Ebbe costui un fratello, similmente dipintore, chiamato Luca, il quale
               lavorò in Genoa con Perino suo cognato et in Lucca et in molti altri
               luoghi  d'Italia.  E  finalmente  se  n'andò  in  Inghilterra  dove  avendo
               alcune cose lavorato al re e per alcuni mercanti, si diede finalmente a

               far disegni per mandar fuori stampe di rame che si conoscono, oltre
               alla maniera, al nome suo: e fra l'altre è sua opera una carta, dove
               alcune femmine sono in un bagno, l'originale della quale di propria
               mano  di  Luca  è  nel  nostro  libro.  Fu  discepolo  di  Giovan  Francesco

               Lionardo, detto il Pistoia per esser pistolese, il quale lavorò alcune
               cose in Lucca et in Roma fece molti ritratti di naturale; et in Napoli
               per il vescovo d'Ariano Diomede Caraffa, oggi cardinale, fece in San
               Domenico una tavola della lapidazione di Santo Stefano in una sua

               cappella. Et in Monte Oliveto ne fece un'altra, che fu posta all'altar
               maggiore, e levatane poi per dar luogo a un'altra di simile invenzione
               di  mano  di  Giorgio  Vasari  aretino.  Guadagnò  Lionardo  molti  danari
               con que' signori napoletani, ma ne fece poco capitale, perché se gli

               giocava di mano in mano. E finalmente si morì in Napoli, lasciando
               nome  di  essere  stato  buono  coloritore,  ma  non  già  d'avere  avuto
               molto buon disegno. Visse Giovan Francesco anni 40, e l'opere sue
               furono circa al 1528.

               Fu  amico  di  Giovan  Francesco  e  discepolo  anch'egli  di  Raffaello,
               Pellegrino da Modana, il quale avendosi nella pittura acquistato nome

               di bello ingegno nella patria, deliberò, udite le maraviglie di Raffaello
               da Urbino, per corrispondere mediante l'affaticarsi alla speranza già
               conceputa  di  lui,  andarsene  a  Roma;  là  dove,  giunto,  si  pose  con
               Raffaello, che niuna cosa negò mai agl'uomini virtuosi. Erano allora in

               Roma  infiniti  giovani  che  attendevano  alla  pittura  et  emulando  fra
               loro cercavano l'uno l'altro avanzare nel disegno, per venire in grazia
               di  Raffaello  e  guadagnarsi  nome  fra  i  popoli,  per  che  attendendo
               continuamente  Pellegrino  agli  studi,  divenne,  oltre  al  disegno,  di

               pratica maestrevole nell'arte. E quando Leone Decimo fece dipignere
               le logge a Raffaello, vi lavorò anch'egli in compagnia degl'altri giovani
               e riuscì tanto bene che Raffaello si servì poi di lui in molte altre cose.
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