Page 919 - Giorgio Vasari
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VITA DI BENEDETTO DA ROVEZZANO SCULTORE FIORENTINO



               Gran  dispiacere,  mi  penso  io,  che  sia  quello  di  coloro  che,  avendo
               fatto  alcuna  cosa  ingegnosa,  quando  sperano  goderla  nella
               vecchiezza e vedere le prove e le bellezze degl'ingegni altrui in opere
               somiglianti alle loro e potere conoscere quanto di perfezzione abbia

               quella  parte  che  essi  hanno  esercitato,  si  trovano  dalla  fortuna
               contraria o dal tempo o cattiva complessione o altra causa privi del
               lume degl'occhi. Onde non possono come prima facevano conoscere
               né  il  difetto,  né  la  perfezzione  di  coloro  che  sentono  esser  vivi  et

               esercitarsi nel loro mestiero. E molto più credo gli attristi il sentire le
               lode de' nuovi, non per invidia, ma per non potere essi ancora esser
               giudici, si quella fama viene a ragione o no. La qual cosa avvenne [a]
               Benedetto  da  Rovezzano  scultore  fiorentino,  del  quale  al  presente

               scriviamo la vita, acciò sappia il mondo quanto egli fusse valente e
               pratico scultore e con quanta diligenza campasse il marmo spiccato,
               facendo  cose  meravigliose.  Fra  le  prime  di  molte  opre  che  costui
               lavorò  in  Firenze,  si  può  annoverare  un  camino  di  macigno  ch'è  in

               casa  di  Pierfrancesco  Borgherini,  dove  sono  di  sua  mano  intagliati
               capitegli,  fregi  et  altri  molti  ornamenti  straforati  con  diligenza.
               Parimente in casa di Messer Bindo Altoviti è di mano del medesimo
               un  camino  et  uno  acquaio  di  macigno  con  alcune  altre  cose  molto

               sottilmente  lavorate,  ma  quanto  appartiene  all'architettura,  col
               disegno di Iacopo Sansovino allora giovane.

               L'anno  poi  1512,  essendo  fatta  allogazione  a  Benedetto  d'una
               sepoltura di marmo con ricco ornamento nella cappella maggiore del
               Carmine di Firenze, per Piero Soderini stato gonfaloniere in Fiorenza,
               fu quella opera con incredibile diligenza da lui lavorata, perché, oltre

               ai  fogliami  et  intagli  di  morte  e  figure,  vi  fece  di  basso  rilievo  un
               padiglione a uso di panno nero, di paragone, con tanta grazia e con
               tanto  bel  pulimento  e  lustro,  che  quella  pietra  pare  più  tosto  un

               bellissimo raso nero che pietra di paragone. E per dirlo brevemente:
               tutto quello che è di mano di Benedetto in tutta questa opera, non si
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