Page 904 - Giorgio Vasari
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Fiore fece i Magi che seguono la stella et infiniti altri lavori per quella
               città, la cui aria e sito par che sia in gran parte cagione che gl'animi
               operino  cose  maravigliose.  E  l'esperienza  fa  conoscere  che  molte
               volte uno stesso uomo non ha la medesima maniera, né fa le cose
               della medesima bontà in tutti i luoghi, ma migliori e peggiori secondo

               la qualità del luogo.

               Essendo  Vincenzio  in  bonissimo  credito  in  Roma,  seguì  l'anno
               MDXXVII  la  rovina  et  il  sacco  di  quella  misera  città,  stata  signora
               delle  genti.  Perché  egli  oltre  modo  dolente  se  ne  tornò  alla  sua
               patria, San Gimignano. Là dove fra i disagi patiti e l'amore venutogli,

               meno  delle  cose  dell'arti,  essendo  fuor  dell'aria  che  i  begli  ingegni
               alimentando fa loro operare cose rarissime, fece alcune cose, le quali
               io mi tacerò per non coprire con queste la lode et il gran nome che
               s'aveva  in  Roma  onorevolmente  acquistato.  Basta,  che  si  vede

               espressamente che le violenze deviano forte i pellegrini ingegni da
               quel primo obietto e le fanno torcere la strada in contrario; il che si
               vede anco in un compagno di costui chiamato Schizzone, il quale fece
               in Borgo alcune cose molto lodate, e così in Camposanto di Roma et

               in Santo Stefano degl'Indiani. E poi anch'egli dalla poca discrezione
               de' soldati fu fatto deviare dall'arte et indi a poco perdere la vita.

               Morì Vincenzio in San Gimignano sua patria, essendo vissuto sempre
               poco lieto, dopo la sua partita di Roma.

               Timoteo pittore da Urbino nacque di Bartolomeo della Vite, cittadino
               d'onesta condizione, e di Calliope, figliuola di maestro Antonio Alberto
               da  Ferrara,  assai  buon  pittore  del  tempo  suo,  secondo  che  le  sue

               opere in Urbino et altrove ne dimostrano. Ma essendo ancor fanciullo
               Timoteo,  mortogli  il  padre,  rimase  al  governo  della  madre  Calliope
               con buono e felice augurio, per essere Calliope una delle nove Muse e
               per la conformità che hanno in fra di loro la pittura e la poesia. Poi,

               dunque,  che  fu  il  fanciullo  allevato  dalla  prudente  madre
               costumatamente, e da lei incaminato nei studi delle prime arti e del
               disegno parimente, venne apunto il giovane in cognizione del mondo
               quando  fioriva  il  divino  Raffaello  Sanzio,  et  attendendo  nella  sua

               prima età all'orefice, fu chiamato da Messer Pierantonio suo maggiore
               fratello, che allora studiava in Bologna, in quella nobilissima patria,
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