Page 813 - Giorgio Vasari
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VITA DI RAFFAELLINO DEL GARBO PITTOR FIORENTINO



               Raffaello  del  Garbo,  il  quale,  essendo  mentre  era  fanciulletto
               chiamato  per  vezzi  Raffaellino,  quel  nome  si  mantenne  poi  per
               sempre, fu ne' suoi principii di tanta espettazione nell'arte che di già
               si annoverava fra i più eccellenti, cosa che a pochi interviene; ma a

               pochissimi poi quello che intervenne a lui che, da ottimo principio e
               quasi certissima speranza, si conducesse a debolissimo fine; essendo
               per lo più costume così delle cose naturali come delle artificiali, dai
               piccoli  principii  venire  crescendo  di  mano  in  mano  fino  all'ultima

               perfezione. Ma certo molte cagioni così dell'arte come della natura ci
               sono incognite e non sempre, né in ogni cosa, si tiene da loro l'ordine
               usitato, cosa da fare stare sopra di sé bene spesso i iudizii umani.
               Come si sia questo si vede in Raffaellino, perché parve che la natura

               e  l'arte  si  sforzassero  di  cominciare  in  lui  con  certi  principii
               straordinarii, il mezzo de' quali fu meno che mediocre e il fine quasi
               nulla. Costui nella sua gioventù disegnò tanto quanto pittore che si
               sia mai esercitato in disegnare per venir perfetto, onde si veggono

               ancora  gran  numero  di  disegni  per  tutta  l'arte,  mandati  fuora  per
               vilissimo prezzo da un suo figliolo, parte disegnati di stile e parte di
               penna e d'acquerello, ma tutti sopra fogli tinti, lumeggiati di biacca e
               fatti  con  una  fierezza  e  pratica  mirabile,  come  molti  ne  sono  nel

               nostro libro di bellissima maniera.

               Oltre ciò imparò a colorire a tempera et a fresco tanto bene che le
               cose sue prime son fatte con una pazienzia e diligenzia incredibile,
               come  s'è  detto.  Nella  Minerva  intorno  alla  sepoltura  del  cardinal
               Caraffa v'è quel cielo della volta tanto fine che par fatta da miniatori,
               onde  fu  allora  tenuta  dagli  artefici  in  gran  pregio,  e  Filippo  suo

               maestro lo reputava in alcune cose molto migliore maestro di sé, et
               aveva preso Raffaello in tal modo la maniera di Filippo che pochi la
               conoscevano per altro che per la sua. Costui poi, nel partirsi dal suo

               maestro, rindolcì la maniera assai ne' panni e fé più morbidi i capegli
               e  l'arie  delle  teste;  et  era  in  tanta  espettazione  degli  artefici  che
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