Page 812 - Giorgio Vasari
P. 812
perché essendo di natura libero e sciolto, né potendo sopportare il
fastidio di certi Ungheri importuni che tutto il giorno gli rompevano il
capo con lodare le cose di quel paese, come se non fusse altro bene
o filicità che in quelle loro stufe e mangiar e bere, né altra grandezza
o nobilità che nel loro Re et in quella corte, e tutto il resto del mondo
fosse fango, parendo a lui, come è in effetto, che nelle cose d'Italia
fusse altra bontà, gentilezza e bellezza, stracco una volta di queste
loro sciocchezze e per ventura essendo un poco allegro, gli scappò di
bocca che e' valeva più un fiasco di trebbiano et un berlingozzo che
quanti re e reine furon mai in que' paesi. E se e' non si abbatteva che
la cosa dette nelle mani ad un vescovo galantuomo e pratico delle
cose del mondo e (che importò il tutto) discreto e che seppe e volle
voltare la cosa in burla, egli imparava a scherzar con bestie, perché
quelli animalacci Ungheri, non intendono le parole e pensando che
egli avesse detto qualche gran cosa, come s'egli fusse per tôrre la
vita e lo stato al loro re, lo volevano a furia di popolo, senza alcuna
redenzione, crucifiggere. Ma quel vescovo dabbene lo cavò d'ogni
inpaccio, stimando quanto meritava la virtù di quel valent'uomo e,
pigliando la cosa per buon verso, lo rimise in grazia del re che, intesa
la cosa, se ne prese sollazzo, e poi finalmente fu in quel paese assai
stimata et onorata la virtù sua. Ma non durò la sua ventura molto
tempo; perché, non potendo tollerare le stufe, né quella aria fredda,
nimica della sua complessione, in breve lo condusse a fine,
rimanendo però viva la grazia e fama sua in quelli che lo conobbero
in vita e che poi di mano in mano videro l'opere sue.
Furono le sue pitture circa l'anno MDXII.