Page 754 - Giorgio Vasari
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l'Angelo  di  Lionardo.  Il  che  fu  cagione  ch'Andrea  mai  più  non  volle

               toccar colori, sdegnatosi che un fanciullo ne sapesse più di lui. Li fu
               allogato per una portiera, che si avea a fare in Fiandra d'oro e di seta
               tessuta, per mandare al re di Portogallo, un cartone d'Adamo e d'Eva,
               quando  nel  Paradiso  terrestre  peccano:  dove  col  pennello  fece

               Lionardo  di  chiaro  e  scuro  lumeggiato  di  biacca  un  prato  di  erbe
               infinite  con  alcuni  animali,  che  invero  può  dirsi  che  in  diligenza  e
               naturalità al mondo divino ingegno far non la possa sì simile.

               Quivi  è  il  fico  oltra  lo  scortar  de  le  foglie  e  le  vedute  de'  rami,
               condotto con tanto amore, che l'ingegno si smarrisce solo a pensare,

               come un uomo possa avere tanta pacienza; èvvi ancora un palmizio,
               che ha la rotondità de le ruote de la palma lavorate con sì grande
               arte e maravigliosa, che altro che la pazienzia e l'ingegno di Lionardo
               non  lo  poteva  fare.  La  quale  opera  altrimenti  non  si  fece:  onde  il

               cartone è oggi in Fiorenza nella felice casa del Magnifico Ottaviano
               de' Medici donatogli non ha molto dal zio di Lionardo. Dicesi che ser
               Piero da Vinci, essendo alla villa, fu ricercato domesticamente da un
               suo contadino, il quale, d'un fico da lui tagliato in sul podere, aveva di

               sua mano fatto una rotella, che a Fiorenza gnene facesse dipignere; il
               che egli contentissimo fece, sendo molto pratico il villano nel pigliare
               uccelli e ne le pescagioni, e servendosi grandemente di lui ser Piero a
               questi esercizii. Laonde, fattala condurre a Firenze, senza altrimenti

               dire a Lionardo di chi ella si fosse, lo ricercò che egli vi dipignesse
               suso qualche cosa. Lionardo, arrecatosi un giorno tra le mani questa
               rotella, veggendola torta, mal lavorata e goffa la dirizzò col fuoco, e
               datala  a  un  torniatore,  di  roza  e  goffa  che  ella  era,  la  fece  ridurre

               delicata e pari. Et appresso ingessatala et acconciatala a modo suo,
               cominciò a pensare quello che vi si potesse dipignere su, che avesse
               a spaventare chi le venisse contra, rappresentando lo effetto stesso
               che la testa già di Medusa. Portò dunque Lionardo per questo effetto

               ad  una  sua  stanza,  dove  non  entrava  se  non  egli  solo,  lucertole,
               ramarri, grilli, serpe, farfalle, locuste, nottole et altre strane spezie di
               simili  animali:  da  la  moltitudine  de'  quali,  variamente  adattata
               insieme, cavò uno animalaccio molto orribile e spaventoso, il quale

               avvelenava  con  l'alito  e  faceva  l'aria  di  fuoco.  E  quello  fece  uscire
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