Page 749 - Giorgio Vasari
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tutti è il divino Michelagnolo Buonarroti il qual non solo tien il
principato di una di queste arti, ma di tutte tre insieme. Costui supera
e vince non solamente tutti costoro, ch'hanno quasi che vinto già la
natura, ma quelli stessi famosissimi antichi, che sì lodatamente fuor
d'ogni dubbio la superarono: et unico si trionfa di quegli, di questi e di
lei, non imaginandosi appena quella cosa alcuna sì strana e tanto
difficile, ch'egli con la virtù del divinissimo ingegno suo, mediante
l'industria, il disegno, l'arte, il giudizio e la grazia, di gran lunga non
la trapassi. E non solo nella pittura e ne' colori, sotto il qual genere si
comprendono tutte le forme e tutti i corpi retti e non retti, palpabili et
impalpabili, visibili e non visibili, ma nell'estrema rotondità ancora de'
corpi; e con la punta del suo scarpello e delle fatiche di così bella e
fruttifera pianta, son distesi già tanti rami e sì onorati, che oltre l'aver
pieno il mondo in sì disusata foggia de' più saporiti frutti che siano,
hanno ancora dato l'ultimo termine a queste tre nobilissime arti con
tanta e sì maravigliosa perfezzione, che ben si può dire e
sicuramente, le sue statue in qual si voglia parte di quelle, esser più
belle assai che l'antiche. Conoscendosi nel mettere a paragone teste,
mani, braccia e piedi formati dall'uno e dall'altro, rimane in quelle di
costui un certo fondamento più saldo, una grazia più interamente
graziosa et una molto più assoluta perfezione, condotta con una certa
difficultà sì facile nella sua maniera, che egli è impossibile mai veder
meglio. Il che medesimamente si può credere delle sue pitture; le
quali, se per avventura ci fussero di quelle famosissime greche o
romane da poterle a fronte a fronte paragonare, tanto resterebbono
in maggior pregio e più onorate, quanto più appariscono le sue
sculture superiori a tutte le antiche. Ma se tanto sono da noi ammirati
que' famosissimi che provocati con sì eccessivi premii e con tanta
felicità diedero vita alle opere loro, quanto doviamo noi
maggiormente celebrare e mettere in cielo questi rarissimi ingegni
che non solo senza premii, ma in una povertà miserabile fanno frutti
sì preziosi? Credasi et affermisi adunque che se in questo nostro
secolo fusse la giusta remunerazione, si farebbono senza dubbio cose
più grandi e molto migliori che non fecero mai gli antichi. Ma lo avere
a combattere più con la fame, che con la Fama, tien sotterrati i miseri
ingegni, né gli lascia (colpa e vergogna di chi sollevare gli potrebbe e