Page 713 - Giorgio Vasari
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contandoli i premii già delli antichi e de' moderni, confortava Pietro a
               lo studio di quella. Onde gli accese l'animo di maniera che gli venne
               capriccio  di  volere  (se  la  fortuna  lo  volesse  aiutare)  essere  uno  di
               quelli.  E  però  spesso  usava  di  domandare  qualunque  conosceva
               essere stato per lo mondo, in che parte meglio si facesseno gli uomini

               di quel mestiero, e particularmente il suo maestro. Il quale gli rispose
               sempre di un medesimo tenore, cioè che in Firenze più che altrove
               venivano  gli  uomini  perfetti  in  tutte  l'arti,  e  specialmente  nella

               pittura, atteso che in quella città sono spronati gl'uomini da tre cose:
               l'una  dal  biasimare  che  fanno  molti  e  molto,  per  far  quell'aria  gli
               ingegni liberi di natura, e non contentarsi universalmente dell'opere
               pur mediocri, ma sempre più ad onore del buono e del bello, che a
               rispetto del facitore considerarle; l'altra che a volervi vivere bisogna

               essere  industrioso,  il  che  non  vuole  dire  altro  che  adoperare
               continuamente l'ingegno et il giudizio et essere accorto e presto nelle
               sue cose, e finalmente saper guadagnare, non avendo Firenze paese

               largo et abbondante, di maniera che e' possa dar le spese per poco a
               chi si sta, come dove si truova del buono assai; la terza, che non può
               forse manco dell'altre, è una cupidità di gloria et onore, che quella
               aria genera grandissima in quelli d'ogni perfezzione, la qual, in tutte
               le  persone  che  hanno  spirito,  non  consente  che  gli  uomini  voglino

               stare al pari, non che restare indietro a chi e' veggono essere uomini
               come sono essi, benché gli riconoschino per maestri; anzi gli sforza
               bene spesso a desiderar tanto la propria grandezza, che se non sono

               benigni di natura o savi, riescono maldicenti, ingrati e sconoscenti de'
               benefizii.  È  ben  vero  che  quando  l'uomo  vi  ha  imparato  tanto  che
               basti, volendo far altro che vivere come gl'animali giorno per giorno e
               desiderando  farsi  ricco,  bisogna  partirsi  di  quivi  e  vender  fuora  la
               bontà  delle  opere  sue  e  la  riputazione  di  essa  città;  come  fanno  i

               dottori quella del loro studio; perché Firenze fa de li artefici suoi quel
               che il tempo de le sue cose: che fatte se le disfa e se le consuma a
               poco a poco. Da questi avvisi dunque e dalle persuasioni di molti altri

               mosso, venne Pietro in Fiorenza con animo di farsi eccellente; e bene
               gli venne fatto conciò sia che al suo tempo le cose della maniera sua
               furono tenute in pregio grandissimo.
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