Page 541 - Giorgio Vasari
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Bruggia, pittore in quelle parti molto stimato per la buona pratica che
               si aveva nel mestiero acquistato, che si mise a provare diverse sorti
               di colori, e come quello che si dilettava dell'archimia, a far di molti olii
               per far vernici et altre cose, secondo i cervelli degl'uomini sofistichi
               come egli era. Ora, avendo una volta fra l'altre durato grandissima

               fatica  in  dipignere  una  tavola,  poi  che  l'ebbe  con  molta  diligenza
               condotta a fine, le diede la vernice e la mise a seccarsi al sole, come
               si  costuma:  ma,  o  perché  il  caldo  fusse  violento,  o  forse  mal

               commesso il legname o male stagionato, la detta tavola si aperse in
               sulle  commettiture  di  mala  sorte.  Laonde,  veduto  Giovanni  il
               nocumento che le aveva fatto il caldo del sole, deliberò di far sì che
               mai  più  gli  farebbe  il  sole  così  gran  danno  nelle  sue  opere.  E  così
               recatosi  non  meno  a  noia  la  vernice  che  il  lavorare  a  tempera,

               cominciò a pensare di trovar modo di fare una sorte di vernice che
               seccasse all'ombra, senza mettere al sole le sue pitture. Onde, poi
               che ebbe molte cose sperimentate, e pure e mescolate insieme, alla

               fine trovò che l'olio di seme di lino e quello delle noci, fra tanti che
               n'aveva  provati,  erano  più  seccativi  di  tutti  gl'altri.  Questi  dunque,
               bolliti con altre sue misture, gli fecero la vernice che egli, anzi tutti i
               pittori  del  mondo  avevano  lungamente  disiderato.  Dopo  fatto
               sperienza di molte altre cose, vide che il mescolare i colori con queste

               sorti d'olii dava loro una tempera molto forte, e che, secca, non solo
               non temeva l'acqua altrimenti, ma accendeva il colore tanto forte che
               gli  dava  lustro  da  per  sé  senza  vernice,  e  quello  che  più  gli  parve

               mirabile  fu  che  si  univa  meglio  che  la  tempera  infinitamente.  Per
               cotale  invenzione  rallegrandosi  molto  Giovanni,  sì  come  era  ben
               ragionevole, diede principio a molti lavori, e n'empié tutte quelle parti
               con  incredibile  piacere  de'  popoli  e  utile  suo  grandissimo,  il  quale
               aiutato di giorno in giorno dalla sperienza andò facendo sempre cose

               maggiori e migliori. Sparsa non molto dopo la fama dell'invenzione di
               Giovanni, non solo per la Fiandra, ma per l'Italia e molte altre parti
               del mondo, mise in disiderio grandissimo gl'artefici di sapere in che

               modo  egli  desse  all'opere  sua  tanta  perfezzione.  I  quali  artefici,
               perché  vedevano  l'opere  e  non  sapevano  quello  che  egli  si
               adoperasse, erano costretti a celebrarlo e dargli lode immortali, et in
               un medesimo tempo virtuosamente invidiarlo; e massimamente che
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