Page 531 - Giorgio Vasari
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particolarmente che fu fatta di marmi, e così la rivolta della banda di
verso mezzogiorno, con archi grandissimi e sepolture per uomini
illustri di quella città. Insomma ridusse quella fabrica in modo che per
cosa soda ell'è de' più famosi tempii d'Italia. Dentro ha sei cappelle
bellissime, una delle quali, dedicata a San Ieronimo, è molto ornata,
serbandosi in essa molte reliquie venute di Gierusalem. Nella
medesima è la sepoltura del detto signor Sigismondo, e quella della
moglie, fatte di marmi molto riccamente l'anno 1450, e sopra una è il
ritratto di esso signore, et in altra parte di quell'opera quello di Leon
Batista. L'anno poi 1457 che fu trovato l'utilissimo modo di stampare i
libri da Giovanni Guittembergh germano, trovò Leon Batista, a quella
similitudine per via d'uno strumento, il modo di lucidare le prospettive
naturali e diminuire le figure, et il modo parimente da potere ridurre
le cose piccole in maggior forma e ringrandirle; tutte cose capricciose,
utili all'arte e belle affatto.
Volendo ne' tempi di Leon Batista, Giovanni di Paulo Rucellai fare a
sue spese la facciata principale di Santa Maria Novella tutta di
marmo, ne parlò con Leon Battista, suo amicissimo; e da lui avuto
non solamente consiglio ma il disegno, si risolvette di volere ad ogni
modo far quell'opera per lasciar di sé quella memoria; e così, fattovi
metter mano fu finita l'anno 1477 con molta sodisfazione
dell'universale a cui piacque tutta l'opera, ma particolarmente la
porta, nella quale si vede che durò Leonbattista più che mediocre
fatica. A Cosimo Rucellai fece similmente il disegno del palazzo che
egli fece nella strada che si chiama la Vigna, e quello della loggia che
gl'è dirimpetto, nella quale, avendo girati gl'archi sopra le colonne
strette nella faccia dinanzi e nelle teste, perché volle seguitare i
medesimi e non fare un arco solo, gl'avanzò da ogni banda spazio,
onde fu forzato fare alcuni risalti ne' canti di dentro; quando poi volle
girare l'arco della volta di dentro, veduto non potere dargli il sesto del
mezzo tondo, che veniva stiacciato e goffo, si risolvette a girare in sui
canti, da un risalto all'altro, certi archetti piccoli, mancandogli quel
giudizio e disegno che fa apertamente conoscere che oltre alla
scienza bisogna la pratica, perché il giudizio non si può mai far
perfetto, se la scienza, operando, non si mette in pratica. Dicesi che il