Page 512 - Giorgio Vasari
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duca  vecchio  d'Urbino,  al  quale  fece  molti  quadri  di  figure  piccole,
               bellissimi, che sono andati in gran parte male, in più volte che quello
               stato è stato travagliato dalle guerre. Vi si conservarono nondimeno
               alcuni suoi scritti di cose di geometria e di prospettive, nelle quali non
               fu inferiore a niuno de' tempi suoi, né forse che sia stato in altri tempi

               già mai, come ne dimostrano tutte l'opere sue piene di prospettive, e
               particularmente un vaso in modo tirato a quadri e faccie, che si vede
               dinanzi, di dietro e dagli lati, il fondo e la bocca; il che è certo cosa

               stupenda,  avendo  in  quello  sottilmente  tirato  ogni  minuzia,  e  fatto
               scortare  il  girare  di  tutti  que'  circoli  con  molta  grazia.  Laonde,
               acquistato  che  si  ebbe  in  quella  corte  credito  e  nome,  volle  farsi
               conoscere in altri luoghi; onde, andato a Pesero et Ancona, in sul più
               bello  del  lavorare  fu  dal  duca  Borso  chiamato  a  Ferrara,  dove  nel

               palazzo dipinse molte camere, che poi furono rovinate dal duca Ercole
               vecchio, per ridurre il palazzo alla moderna. Di maniera che in quella
               città non è rimaso di man di Piero se non una capella in S. Agostino,

               lavorata in fresco; et anco quella è dalla umidità mal condotta. Dopo,
               essendo condotto a Roma, per papa Nicola Quinto lavorò in palazzo
               due  storie,  nelle  camere  di  sopra,  a  concorrenza  di  Bramante  da
               Milano,  le  quali  forono  similmente  gettate  per  terra  da  papa  Giulio
               Secondo, perché Raffaello da Urbino vi dipignesse la prigionia di S.

               Piero et il miracolo del corporale di Bolsena, insieme con alcune altre
               che  aveva  dipinto  Bramantino,  pittore  eccellente  de'  tempi  suoi;  e
               perché di costui non posso scrivere la vita né l'opere particulari per

               essere andate male, non mi parrà fatica, poi che viene a proposito,
               far memoria di costui, il quale nelle dette opere che furono gettate
               per terra, aveva fatto, secondo che ho sentito ragionare, alcune teste
               di naturale sì belle e sì ben condotte, che la sola parola mancava a
               dar loro la vita.

               Delle  quali  teste  ne  sono  assai  venute  in  luce,  perché  Raffaello  da

               Urbino le fece ritrare, per avere l'effigie di coloro che tutti furono gran
               personaggi, perché fra essi era Niccolò Fortebraccio, Carlo Settimo re
               di  Francia,  Antonio  Colonna  principe  di  Salerno,  Francesco
               Carmignuola,  Giovanni  Vitellesco,  Bessarione  cardinale,  Francesco

               Spinola, Battista da Canneto; i quali tutti ritratti furono dati al Giovio
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