Page 507 - Giorgio Vasari
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VITA DI GIULIANO DA MAIANO SCULTORE ET ARCHITETTO
Non piccolo errore fanno que' padri di famiglia che non lasciano fare
nella fanciullezza il corso della natura agl'ingegni de' figliuoli e che
non lasciano esercitargli in quelle facultà che più sono secondo il
gusto loro, però che il volere volgergli a quello che non va loro per
l'animo, è un cercar manifestamente che non siano mai eccellenti in
cosa nessuna; essendo che si vede quasi sempre che coloro che non
operano secondo la voglia loro, non fanno molto profitto in qual si
voglia essercizio. Per l'opposito, quegli che seguitano lo instinto della
natura vengono il più delle volte eccellenti e famosi nell'arti che
fanno, come si conobbe chiaramente in Giuliano da Maiano; il padre
del quale, essendo lungamente vivuto nel poggio di Fiesole, dove si
dice Maiano, con lo essercizio di squadratore di pietre, si condusse
finalmente in Fiorenza, dove fece una bottega di pietre lavorate,
tenendola fornita di que' lavori che sogliono improvisamente, il più
delle volte, venire a bisogno a chi fabrica qualche cosa. Standosi
dunque in Firenze gli nacque Giuliano, il quale, perché parve col
tempo al padre di buono ingegno, disegnò di farlo notaio, parendogli
che lo scarpellare come aveva fatto egli fusse troppo faticoso
essercizio e di non molto utile; ma non gli venne ciò fatto, perché, se
bene andò un pezzo Giuliano alla scola di grammatica non vi ebbe
mai il capo, e per conseguenza non vi fece frutto nessuno; anzi
fuggendosene più volte, mostrò d'aver tutto l'animo volto alla
scultura, se bene da principio si mise all'arte del legnaiuolo e diede
opera al disegno. Dicesi che con Giusto e Minore, maestri di tarsie,
lavorò i banchi della sagrestia della Nunziata e similmente quelli del
coro che è allato alla cappella, e molte cose nella Badia di Fiesole et
in S. Marco; e che per ciò acquistatosi nome, fu chiamato a Pisa, dove
lavorò in Duomo la sedia che è a canto all'altar maggiore, dove
stanno a sedere il sacerdote e diacono e sodiacono, quando si canta
la messa; nella spalliera della quale fece di tarsia, con legni tinti et
ombrati, i tre profeti che vi si veggiono. Nel che fare, servendosi di
Guido del Servellino e di maestro Domenico di Mariotto, legnaiuoli