Page 508 - Giorgio Vasari
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pisani, insegnò loro di maniera l'arte, che poi feciono così d'intaglio

               come di tarsie la maggior parte di quel coro, il quale a' nostri dì è
               stato finito, ma con assai miglior maniera, da Batista del Cervelliera
               pisano,  uomo  veramente  ingegnoso  e  soffistico.  Ma  tornando  a
               Giuliano, egli fece gl'armarii della sagrestia di Santa Maria del Fiore,

               che  per  cosa  di  tarsia  e  di  rimessi  furono  tenuti  in  quel  tempo
               mirabili;  e  così,  seguitando  Giuliano  d'attender  alla  tarsia  et  alla
               scultura et architettura, morì Filippo di ser Brunellesco; onde, messo

               dagl'Operai  in  luogo  suo,  incrostò  di  marmo,  sotto  la  volta  della
               cupola,  le  fregiature  di  marmi  bianchi  e  neri,  che  sono  intorno
               agl'occhi. Et in sulle cantonate fece i pilastri di marmo sopra i quali
               furono  messi  poi  da  Baccio  d'Agnolo  l'architrave,  fregio  e  cornice,
               come di sotto si dirà. Vero è che costui, per quanto si vede in alcuni

               disegni di sua mano che sono nel nostro libro, voleva fare altro ordine
               di  fregio  cornice  e  ballatoio,  con  alcuni  frontespizii  a  ogni  faccia
               dell'otto  della  cupola,  ma  non  ebbe  tempo  di  metter  ciò  in  opera,

               perché traportato dal lavoro d'oggi in domani, si morì. Ma innanzi che
               ciò  fusse,  andato  a  Napoli,  fece  a  Poggio  Reale,  per  lo  re  Alfonso,
               l'architettura di quel magnifico palazzo, con le belle fonti e condotti
               che  sono  nel  cortile.  E  nella  città  similmente,  e  per  le  case  de'
               gentiluomini e per le piazze, fece disegni di molte fontane con belle e

               capricciose invenzioni. Et il detto palazzo di Poggio Reale fece tutto
               dipignere  da  Piero  del  Donzello  e  Polito  suo  fratello.  Di  scultura
               parimente fece al detto re Alfonso, allora Duca di Calavria, nella sala

               grande  del  castello  di  Napoli,  sopra  una  porta  di  dentro  e  di  fuori,
               storie  di  basso  rilievo,  e  la  porta  del  castello  di  marmo,  d'ordine
               corinzio  con  infinito  numero  di  figure.  E  diede  a  quell'opera  forma
               d'arco  trionfale,  dove  le  storie  et  alcune  vittorie  di  quel  re  sono
               sculpite di marmo.

               Fece  similmente  Giuliano  l'ornamento  della  porta  Capovana,  et  in

               quella molti trofei variati e belli; onde meritò che quel re gli portasse
               grand'amore,  e  rimunerandolo  altamente  delle  fatiche,  adagiasse  i
               suoi discendenti. E perché aveva Giuliano insegnato a Benedetto suo
               nipote  l'arte  delle  tarsie,  l'architettura  et  a  lavorar  qualche  cosa  di

               marmo,  Benedetto  si  stava  in  Fiorenza,  attendendo  a  lavorar  di
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