Page 502 - Giorgio Vasari
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VITA D'ANTONIO FILARETE E DI SIMONE SCULTORE
               FIORENTINI



               Se papa Eugenio Quarto, quando deliberò far di bronzo la porta di S.
               Piero  di  Roma,  avesse  fatto  diligenza  in  cercare  d'avere  uomini
               eccellenti  per  quel  lavoro,  sì  come  ne'  tempi  suoi  arebbe

               agevolmente  potuto  fare,  essendo  vivi  Filippo  di  ser  Brunellesco,
               Donatello et altri artefici rari, non sarebbe stata condotta quell'opera
               in  così  sciaurata  maniera,  come  ella  si  vede  ne'  tempi  nostri;  ma
               forse intervenne a lui, come molte volte suole avvenire a una buona
               parte  de'  principi,  che  o  non  s'intendono  dell'opere,  o  ne  prendono

               pochissimo diletto. Ma se considerassono di quanta importanza sia il
               fare stima delle persone eccellenti nelle cose publiche, per la fama
               che se ne lascia, non sarebbono certo così trascurati né essi né i loro

               ministri; perciò che chi s'impaccia con artefici vili et inetti, dà poca
               vita  all'opere  et  alla  fama,  senzaché  si  fa  ingiuria  al  publico  et  al
               secolo in che si è nato; credendosi risolutamente da chi vien poi, che
               se  in  quella  età  si  fossero  trovati  migliori  maestri,  quel  principe  si
               sarebbe più tosto di quelli servito, che degl'inetti e plebei.

               Essendo dunque creato pontefice l'anno 1431 papa Eugenio Quarto,

               poi che intese che i Fiorentini facevano fare le porte di S. Giovanni a
               Lorenzo Ghiberti, venne in pensiero di voler fare similmente di bronzo
               una  di  quelle  di  S.  Piero;  ma  perché  non  s'intendeva  di  così  fatte
               cose, ne diede cura a' suoi ministri; appresso ai quali ebbono tanto
               favore Antonio Filareto allora giovane, e Simone fratello di Donato,

               ambi  scultori  fiorentini,  che  quell'opera  fu  allogata  loro.  Laonde,
               messovi  mano,  penarono  dodici  anni  a  finirla;  e  se  bene  papa
               Eugenio  si  fuggì  di  Roma  e  fu  molto  travagliato  per  rispetto  de'

               Concilii, coloro nondimeno che avevano la cura di S. Piero, fecero di
               maniera che non fu quell'opera tralasciata. Fece dunque il Filarete in
               questa  opera  uno  spartimento  semplice  e  di  basso  rilievo,  cioè  in
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