Page 370 - Giorgio Vasari
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che  di  sopra  si  vede,  ho  avuto  da  maestro  Domenico  Beccafumi
               pittore sanese, il quale mi ha assai cose raccontato della virtù, bontà
               e gentilezza di Iacopo, il quale, stracco dalle fatiche e dal continuo
               lavorare, si morì finalmente di anni sessantaquattro et in Siena sua
               patria  fu  dagl'amici  suoi  e  parenti,  anzi  da  tutta  la  città  pianto  et

               onoratamente sotterrato. E nel vero non fu se non buona fortuna la
               sua, che tanta virtù fusse nella sua patria riconosciuta; poiché rade
               volte adiviene che i virtuosi uomini siano nella patria universalmente

               amati et onorati.
               Fu discepolo di Iacopo Matteo, scultore lucchese, che nella sua città

               fece l'anno 1444 per Domenico Galigano lucchese, nella chiesa di San
               Martino, il tempietto a otto facce di marmo, dove è l'imagine di Santa
               Croce, scultura stata miracolosamente, secondo che si dice, lavorata
               da Niccodemo, uno de' settantadue discepoli del Salvatore; il quale

               tempio non è veramente se non molto bello e proporzionato. Fece il
               medesimo  di  scultura  una  figura  d'un  San  Bastiano  di  marmo  tutto
               tondo  di  braccia  tre,  molto  bello,  per  essere  stato  fatto  con  buon
               disegno, con bella attitudine e lavorato pulitamente. È di sua mano

               ancora una tavola, dove in tre nicchie sono tre figure belle affatto,
               nella  chiesa  dove  si  dice  essere  il  corpo  di  S.  Regolo,  e  la  tavola
               similmente che è in S. Michele, dove sono tre figure di marmo, e la
               statua  parimente  che  è  in  sul  canto  della  medesima  chiesa  dalla

               banda di fuori, cioè una Nostra Donna, che mostra che Matteo andò
               sforzandosi di paragonare Iacopo suo maestro.

               Niccolò Bolognese ancora fu discepolo di Iacopo e condusse a fine,
               essendo  imperfetta,  divinamente  fra  l'altre  cose,  l'arca  di  marmo
               piena di storie e figure che già fece Nicola Pisano a Bologna, dove è il
               corpo di S. Domenico e ne riportò, oltre l'utile, questo nome d'onore,

               che  fu  poi  sempre  chiamato  maestro  Niccolò  dell'Arca.  Finì  costui
               quell'opera l'anno 1460, e fece poi nella facciata del palazzo dove sta
               oggi il Legato di Bologna, una Nostra Donna di bronzo alta quattro
               braccia, e la pose su l'anno 1478. Insomma fu costui valente maestro

               e degno discepolo di Iacopo dalla Quercia sanese.
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