Page 362 - Giorgio Vasari
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foglie e far certi stremi ne' fogliami, et altre perfezzioni che furon di
               poi,  come  si  vedrà  nella  terza  parte,  dove  seguiteranno  quegli  che
               faranno tutto quel di perfetto nella grazia, nella fine e nella copia e
               nella prestezza che non feceno gli altri architetti vecchi, nondimeno
               elle si possono sicuratamente chiamar belle e buone. Non le chiamo

               già perfette, perché, veduto poi meglio in questa arte, mi par potere
               ragionevolmente affermare che le mancava qualcosa. E se bene e' vi
               è qualche parte miracolosa e de la quale ne' tempi nostri per ancora

               non si è fatto meglio, né per avventura si farà in que' che verranno,
               come verbigrazia la lanterna della cupola di S. Maria del Fiore, e, per
               grandezza,  essa  cupola,  dove  non  solo  Filippo  ebbe  animo  di
               paragonar  gli  antichi  ne'  corpi  delle  fabbriche,  ma  vincerli  nella
               altezza delle muraglie, pur si parla universalmente in genere, e non si

               debbe  da  la  perfezzione  e  bontà  d'una  cosa  sola,  argomentare
               l'eccellenza del tutto. Il che della pittura ancora dico e de la scultura,
               nelle quali si vede ancora oggi cose rarissime de' maestri di questa

               seconda  età,  come  quelle  di  Masaccio  nel  Carmine,  che  fece  uno
               ignudo che triema del freddo, et in altre pitture vivezze e spiriti; ma
               in  genere  e'  non  aggiunsono  a  la  perfezzione  de'  terzi,  de'  quali
               parleremo  al  suo  tempo,  bisognandoci  qui  ragionare  de'  secondi;  i
               quali  per  dire  prima  degli  scultori,  molto  si  allontanarono  dalla

               maniera de' primi, e tanto la migliorarono, che lasciorno poco ai terzi.
               Et  ebbono  una  lor  maniera  tanto  più  graziosa,  più  naturale,  più
               ordinata,  di  più  disegno  e  proporzione,  che  le  loro  statue

               cominciarono  a  parere  presso  che  persone  vive,  e  non  più  statue
               come  le  prime;  come  ne  fanno  fede  quelle  opere,  che  in  quella
               rinovazione  della  maniera  si  lavorarono,  come  si  vedrà  in  questa
               seconda parte, dove le figure di Iacopo della Quercia sanese hanno
               più moto e più grazia e più disegno e diligenza, quelle di Filippo più

               bel  ricercare  di  muscoli  e  miglior  proporzione  e  più  giudizio,  e  così
               quelle  de'  loro  discepoli.  Ma  più  vi  aggiunse  Lorenzo  Ghiberti
               nell'opera delle porte di S. Giovanni, dove mostrò invenzione, ordine,

               maniera e disegno, che par che le sue figure si muovino et abbiano
               l'anima.  Ma  non  mi  risolvo  in  tutto,  ancora  che  fussi  ne'  lor  tempi
               Donato, se io me lo voglia metter fra i terzi, restando l'opre sua a
               paragone  degli  antichi  buoni;  dirò  bene  che  in  questa  parte  si  può
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