Page 274 - Giorgio Vasari
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refettorio maggiore di detto convento in testa della facciata, molte
               storiette  et  un  crucifisso  fatto  a  guisa  d'albero  di  croce,  si  rimase
               imperfetto e disegnato, come insino a oggi si può vedere, di rossaccio
               col pennello in su l'arricciato; il quale modo di fare era il cartone che i
               nostri  maestri  vecchi  facevano  per  lavorare  in  fresco  per  maggior

               brevità;  conciò  fusse  che,  avendo  spartita  tutta  l'opera  sopra
               l'arricciato,  la  disegnavano  col  pennello,  ritraendo  da  un  disegno
               piccolo tutto quello che volevano fare, con ringrandir a proporzione

               quanto avevano pensato di mettere in opera. Laonde, come questa
               così disegnata si vede et in altri luoghi molte altre, così molte altre
               ne  sono  che  erano  state  dipinte,  le  quali,  scrostatosi  poi  il  lavoro,
               sono  rimase  così  disegnate  di  rossaccio  sopra  l'arricciato.  Ma
               tornando a Lippo, il quale disegnò ragionevolmente, come nel nostro

               libro si può veder, in un Romito che incrocicchiate le gambe legge,
               egli visse dopo Simone dodici anni, lavorando molte cose per tutta
               Italia  e  particolarmente  due  tavole  in  Santa  Croce  di  Fiorenza.  E

               perché le maniere di questi due fratelli si somigliano assai, si conosce
               l'una dall'altra a questo, che Simone s'iscriveva a' piè delle sue opere
               in questo modo: "Simonis Memmi Senensis opus". E Lippo, lasciando
               il proprio nome e non si curando di far un latino così alla grossa, in
               quest'altro modo: "Opus Memmi de Senis me fecit". Nella facciata del

               capitolo di S. Maria Novella furono ritratti di mano di Simone, oltre al
               Petrarca e Madonna Laura, come s'è detto di sopra, Cimabue, Lapo
               architetto, Arnolfo suo figliuolo e Simone stesso; e nella persona di

               quel  Papa  che  è  nella  storia,  Benedetto  XI  da  Traviso  frate
               predicatore;  l'effigie  del  qual  papa  aveva  molto  prima  recato  a
               Simone Giotto suo maestro, quando tornò dalla corte di detto papa,
               che tenne la sedia in Avignone. Ritrasse ancora nel medesimo luogo il
               cardinale Nicola da Prato, allato al detto Papa, il quale cardinale in

               quel  tempo  era  venuto  a  Firenze  legato  di  detto  pontifice,  come
               racconta nelle sue storie Giovan Villani. Sopra la sepoltura di Simone
               fu posto questo epitaffio: "Simoni Memmio pictorum omnium omnis

               aetatis celeberrimo. Vixit annos LX menses II. dies III". Come si vede
               nel  nostro  libro  detto  di  sopra,  non  fu  Simone  molt'eccellente  nel
               disegno, ma ebbe invenzione dalla natura e si dilettò molto di ritrarre
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