Page 242 - Giorgio Vasari
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gran parte effetto il disiderio che quel Duca avea di ridurre il palazzo
               in forma di un forte castello, poiché a quello che era stato fatto da
               principio  fece  così  gran  giunta,  come  quella  è  che  oggi  si  vede,
               comprendendo nel circuito di quello le case de' Filipetri, la torre e le
               case  degl'Amidei  e  Mancini,  e  quelle  de'  Bellalberti.  E  perché  dato

               principio a sì gran fabrica et a grosse mura e barbacani, non aveva
               così in pronto tutto quello che bisognava, tenendo indietro la fabrica
               del  Ponte  Vecchio,  che  si  lavorava  con  prestezza  come  cosa

               necessaria,  si  servì  delle  pietre  conce  e  de'  legnami  ordinati  per
               quello senza rispetto nessuno. E sebbene Taddeo Gaddi non era per
               aventura inferiore nelle cose d'architettura a Andrea Pisano, non volle
               di lui in queste fabriche, per esser fiorentino, servirsi il Duca, ma sì
               bene d'Andrea. Voleva il medesimo duca Gualtieri disfare S. Cicilia per

               vedere di palazzo la strada Romana e Mercato Nuovo, e parimente S.
               Piero Scheraggio per i suoi commodi, ma non ebbe di ciò fare licenza
               dal  Papa.  Intanto  fu,  come  si  è  detto  di  sopra,  cacciato  a  furia  di

               popolo.
               Meritò  dunque  Andrea  per  l'onorate  fatiche  di  tanti  anni  non

               solamente  premii  grandissimi,  ma  e  la  civiltà  ancora;  perché  fatto
               dalla  Signoria  cittadin  fiorentino,  gli  furono  dati  uffizii  e  magistrati
               nella città, e l'opere sue furono in pregio e mentre che visse e dopo
               morte, non si trovando chi lo passasse nell'operare, infino a che non

               vennero  Nicolò  aretino,  Jacopo  della  Quercia  sanese,  Donatello,
               Filippo  di  ser  Brunellesco  e  Lorenzo  Ghiberti,  i  quali  condussono  le
               sculture et altre opere che fecero, di maniera che conobbono i popoli
               in  quanto  errore  eglino  erano  stati  insino  a  quel  tempo,  avendo

               ritrovato questi con l'opere loro quella virtù che era molti e molti anni
               stata  nascosa  e  non  bene  conosciuta  dagl'uomini.  Furono  l'opere
               d'Andrea intorno agli anni di nostra salute milletrecentoquaranta.

               Rimasero  d'Andrea  molti  discepoli,  e  fra  gli  altri  Tommaso  pisano
               architetto e scultore, il quale finì la cappella di Camposanto, e pose la
               fine del campanile del Duomo, cioè quella ultima parte dove sono le

               campane:  il  quale  Tommaso  si  crede  che  fusse  figliuolo  d'Andrea,
               trovandosi così scritto nella tavola dell'altar maggiore di S. Francesco
               di Pisa, nella quale è intagliato di mezzo rilievo una Nostra Donna e
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