Page 229 - Giorgio Vasari
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molto  lodato,  per  avere  in  sé  una  vivacità  non  stata  insino  a  quel

               tempo né anche da Giotto messa in opera. E nel vero, aveva Stefano
               gran facilità nel disegno, come si può vedere nel detto nostro libro in
               una carta di sua mano, nella quale è disegnata la Trasfigurazione che
               fece nel chiostro di S. Spirito, in modo che, per mio giudizio, disegnò

               molto meglio che Giotto.

               Andato poi ad Ascesi, cominciò a fresco una storia della gloria celeste
               nella  nicchia  della  cappella  maggiore  nella  chiesa  di  sotto  di  S.
               Francesco, dove è il coro; e sebbene non la finì, si vede in quello che
               fece usata tanta diligenza, quanta più non si potrebbe disiderare. Si

               vede  in  questa  opra  cominciato  un  giro  di  Santi  e  Sante  con  tanta
               bella  varietà  ne'  volti  de'  giovani,  degl'uomini  di  mezza  età  e  de'
               vecchi, che non si potrebbe meglio disiderare; e si conosce in quegli
               spiriti  beati  una  maniera  dolcissima  e  tanto  unita,  che  pare  quasi

               impossibile che in que' tempi fusse fatta da Stefano, che pur la fece,
               sebbene non sono delle figure di questo giro finite se non le teste,
               sopra  le  quali  è  un  coro  d'Angeli  che  vanno  scherzando  in  varie
               attitudini, et acconciamente portando in mano figure teologiche: sono

               tutti  volti  verso  un  Cristo  crucifisso,  il  quale  è  in  mezzo  di  questa
               opera sopra la testa d'un S. Francesco, che è in mezzo a una infinità
               di Santi. Oltre ciò, fece nel fregio di tutta l'opera alcuni Angeli, de'
               quali  ciascuno  tiene  in  mano  una  di  quelle  chiese  che  scrive  S.

               Giovanni Evangelista ne l'Apocalisse: e sono questi Angeli con tanta
               grazia condotti, che io stupisco come in quella età si trovasse chi ne
               sapesse  tanto.  Cominciò  Stefano  questa  opera  per  farla  di  tutta
               perfezzione e gli sarebbe riuscito, ma fu forzato lasciarla imperfetta e

               tornarsene  a  Firenze  da  alcuni  suoi  negocii  d'importanza.  In  quel
               mentre,  dunque,  che  per  ciò  si  stava  in  Firenze,  dipinse,  per  non
               perder tempo, ai Gianfigliazzi, lung'Arno fra le case loro et il ponte
               alla Carraia, un tabernacolo piccolo in un canto che vi è, dove figurò

               con tal diligenzia una Nostra Donna, alla quale, mentre ella cuce, un
               fanciullo vestito e che siede porge un ucello, che per piccolo che sia il
               lavoro  non  manco  merita  esser  lodato,  che  si  facciano  l'opere
               maggiori e da lui più maestrevolmente lavorate.

               Finito  questo  tabernacolo  e  speditosi  de'  suoi  negozii,  essendo
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