Page 198 - Giorgio Vasari
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cristiana  in  fresco  dipinta  perfettamente;  et  in  essa  è  il  ritratto  di
               papa  Clemente  Quarto  il  quale  creò  quel  magistrato,  donandogli
               l'arme  sua,  la  qual  egli  ha  tenuto  sempre  e  tiene  ancora.  Dopo
               queste cose, partendosi di Firenze per andare a finir in Ascesi l'opere
               cominciate da Cimabue, nel passar per Arezzo dipinse nella Pieve la

               capella  di  S.  Francesco  ch'è  sopra  il  battesimo,  e  in  una  colonna
               tonda  vicino  a  un  capitello  corintio  et  antico  e  bellissimo,  un  S.
               Francesco  e  un  S.  Domenico  ritratti  di  naturale,  e  nel  Duomo  fuor

               d'Arezzo una capelluccia, dentrovi la lapidazione di S. Stefano, con bel
               componimento di figure.

               Finite queste cose, si condusse in Ascesi città dell'Umbria, essendovi
               chiamato da fra' Giovanni di Muro della Marca allora Generale de' frati
               di S. Francesco, dove nella chiesa di sopra dipinse a fresco sotto il
               corridore  che  attraversa  le  finestre,  dai  due  lati  della  chiesa,

               trentadue  storie  della  vita  e  fatti  di  S.  Francesco,  cioè  sedici  per
               facciata, tanto perfettamente, che ne acquistò grandissima fama. E
               nel vero, si vede in quell'opera gran varietà non solamente nei gesti
               et attitudini di ciascuna figura, ma nella composizione ancora di tutte

               le storie; senzaché fa bellissimo vedere la diversità degli abiti di que'
               tempi, e certe imitazioni et oservazioni delle cose della natura. E fra
               l'altre è bellissima una storia, dove uno assetato, nel quale si vede
               vivo il desiderio dell'acque, bee stando chinato in terra a una fonte,

               con grandissimo e veramente maraviglioso affetto, in tanto che par
               quasi  una  persona  viva  che  bea.  Vi  sono  anco  molte  altre  cose
               dignissime di considerazione, nelle quali per non esser lungo non mi
               distendo  altrimenti.  Basti  che  tutta  questa  opera  acquistò  a  Giotto

               fama  grandissima,  per  la  bontà  delle  figure,  e  per  l'ordine,
               proporzione, vivezza e facilità che egli aveva dalla natura e che aveva
               mediante  lo  studio  fatto  molto  maggiore  e  sapeva  in  tutte  le  cose
               chiaramente dimostrare. E perché, oltre quello che aveva Giotto da

               natura,  fu  studiosissimo,  et  andò  sempre  nuove  cose  pensando  e
               dalla natura cavando, meritò d'esser chiamato discepolo della natura,
               e non d'altri.

               Finite  le  sopra  dette  storie,  dipinse  nel  medesimo  luogo,  ma  nella
               chiesa di sotto, le facciate di sopra dalle bande dell'altar maggiore, e
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