Page 195 - Giorgio Vasari
P. 195

VITA DI GIOTTO PITTORE, SCULTORE ET ARCHITETTO
               FIORENTINO



               Quell'obligo  stesso  che  hanno  gl'artefici  pittori  alla  natura,  la  qual
               serve  continuamente  per  essempio  a  coloro,  che  cavando  il  buono
               dalle  parti  di  lei  migliori  e  più  belle,  di  contrafarla  et  imitarla

               s'ingegnano sempre, avere per mio credere si deve a Giotto pittore
               fiorentino; perciò che essendo stati sotterrati tanti anni dalle rovine
               delle guerre i modi delle buone pitture e i dintorni di quelle, egli solo,
               ancora che nato fra artefici inetti, per dono di Dio, quella che era per

               mala  via  risuscitò,  et  a  tale  forma  ridusse,  che  si  potette  chiamar
               buona. E veramente fu miracolo grandissimo, che quella età e grossa
               et  inetta  avesse  forza  d'operare  in  Giotto  sì  dottamente,  che  il
               disegno, del quale poca o niuna cognizione avevano gl'uomini di que'

               tempi,  mediante  lui  ritornasse  del  tutto  in  vita.  E  nientedimeno  i
               principii di sì grand'uomo furono l'anno 1276 nel contado di Firenze,
               vicino alla città quattordici miglia, nella villa di Vespignano, e di padre
               detto Bondone lavoratore di terra e naturale persona. Costui avuto

               questo figliuolo, al quale pose nome Giotto, l'allevò secondo lo stato
               suo  costumatamente.  E  quando  fu  all'età  di  dieci  anni  pervenuto,
               mostrando  in  tutti  gli  atti  ancora  fanciulleschi  una  vivacità  e
               prontezza  d'ingegno  straordinario,  che  lo  rendea  grato  non  pure  al

               padre, ma a tutti quelli ancora che nella villa e fuori lo conoscevano,
               gli diede Bondone in guardia alcune pecore, le quali egli andando pel
               podere quando in un luogo e quando in un altro pasturando, spinto
               dall'inclinazione della natura all'arte del disegno, per le lastre et in

               terra o in su l'arena del continuo disegnava alcuna cosa di naturale, o
               vero che gli venisse in fantasia. Onde, andando un giorno Cimabue
               per sue bisogne da Fiorenza a Vespignano, trovò Giotto che, mentre
               le sue pecore pascevano, sopra una lastra piana e pulita con un sasso

               un  poco  appuntato  ritraeva  una  pecora  di  naturale,  senza  avere
               imparato modo nessuno di ciò fare da altri che dalla natura; per che
               fermatosi Cimabue tutto maraviglioso, lo domandò se voleva andar a
               star  seco.  Rispose  il  fanciullo,  che  contentandosene  il  padre,
   190   191   192   193   194   195   196   197   198   199   200