Page 192 - Giorgio Vasari
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fatto per memoria di detto Pontefice in Vescovado la capella di S.
Gregorio, dove col tempo Margaritone fece una tavola, che dal
medesimo gli fusse fatta di marmo una sepultura nel detto
Vescovado: alla quale messo mano, la condusse in modo a fine, col
farvi il ritratto del Papa di naturale di marmo e di pittura, ch'ella fu
tenuta la migliore opera che avesse ancora fatto mai.
Dopo, rimettendosi mano alla fabrica del Vescovado, la condusse
Margaritone molto inanzi, seguitando il disegno di Lapo, ma non però
se le diede fine, perché rinovandosi pochi anni poi la guerra tra i
Fiorentini e gl'Aretini, il che fu l'anno 1289, per colpa di Guglielmino
Ubertini vescovo e signore d'Arezzo, aiutato dai Tarlati da Pietramala
e da' Pazzi di Valdarno, come che male glien'avvenisse, essendo stati
rotti e morti a Campaldino, furono spesi in quella guerra tutti i danari
lasciati dal Papa alla fabrica del Vescovado. E perciò fu ordinato poi
dagl'Aretini, che in quel cambio servisse il Danno dato del contado
(così chiamano un dazio) per entrata particolare di quell'opera; il che
è durato sino a oggi e dura ancora.
Ora tornando a Margaritone, per quello che si vede nelle sue opere,
quanto alla pittura, egli fu il primo che considerasse quello che
bisogna fare quando si lavora in tavole di legno, perché stiano ferme
nelle commettiture e non mostrino aprendosi, poi che sono dipinte,
fessure o squarti, avendo egli usato di mettere sempre sopra le
tavole per tutto una tela di panno lino, apiccata con forte colla fatta
con ritagli di cartapecora e bollita al fuoco, e poi sopra detta tela
dato di gesso, come in molte sue tavole e d'altri si vede.
Lavorò ancora sopra il gesso stemperato con la medesima colla, fregi
e diademe di rilievo et altri ornamenti tondi; e fu egli inventore del
modo di dare di bolo e mettervi sopra l'oro in foglie e brunirlo. Le
quali tutte cose, non essendo mai prima state vedute, si veggiono in
molte opere sue, e particolarmente nella Pieve d'Arezzo in un
dossale, dove sono storie di S. Donato, e in S. Agnesa e in S. Niccolò
della medesima città.
Lavorò finalmente molte opere nella sua patria che andarono fuori,
parte delle quali sono a Roma in S. Ianni et in S. Piero, e parte in Pisa