Page 1680 - Giorgio Vasari
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infermato d'un male che a principio parve assai leggeri e cagionato

               dai gran caldi che quell'anno furono, e poi riuscì gravissimo, si morì
               del  mese  di  settembre  l'anno  1566,  avendo  prima  come  buon
               cristiano ricevuto i Sacramenti della Chiesa e veduto la più parte dei
               suoi amici, lasciando in suo luogo Federigo suo fratello, ch'anch'egli

               allora  era  amalato.  E  così  in  poco  tempo,  essendo  stati  levati  del
               mondo  il  Buonarroto,  il  Salviati,  Daniello  e  Taddeo,  hanno  fatto
               grandissima perdita le nostre arti e particolarmente la pittura.

               Fu Taddeo molto fiero nelle sue cose et ebbe una maniera assai dolce
               e pastosa, e tutto lontana da certe crudezze; fu abondante ne' suoi

               componimenti  e  fece  molto  belle  le  teste,  le  mani  e  gl'ignudi,
               allontanandosi in essi da molte crudezze, nelle quali fuor di modo si
               affaticano alcuni per parere d'intendere l'arte e la notomia, ai quali
               aviene molte volte, come avenne a colui che, per volere essere nel

               favellare  troppo  ateniese,  fu  da  una  donniciola  per  non  ateniese
               conosciuto.  Colorì  parimente  Taddeo  con  molta  vaghezza  et  ebbe
               maniera facile, perché fu molto aiutato dalla natura, ma alcuna volta
               se ne volle troppo servire. Fu tanto volentoroso d'avere da sé, che

               durò  un  pezzo  a  pigliare  ogni  lavoro  per  guadagnare,  et  insomma
               fece  molte,  anzi  infinite  cose  degne  di  molta  lode.  Tenne  lavoranti
               assai per condurre l'opere, perciò che non si può fare altrimenti; fu
               sanguigno,  subito  e  molto  sdegnoso,  et  oltre  ciò  dato  alle  cose

               veneree,  ma  nondimeno,  ancor  che  a  ciò  fusse  inclinatissimo  di
               natura, fu temperato e seppe fare le sue cose con una certa onesta
               vergogna  e  molto  segretamente;  fu  amorevole  degli  amici  e  dove
               potette giovare loro se n'ingegnò sempre. Restò coperta alla morte

               sua l'opera della Trinità et imperfetta la sala grande del palazzo di
               Farnese, e così l'opere di Caprarola, ma tutte nondimeno rimasero in
               mano  di  Federigo  suo  fratello,  il  quale  si  contentano  i  padroni
               dell'opera  che  dia  a  quelle  fine  come  farà,  e  nel  vero  non  sarà

               Federigo meno erede della virtù di Taddeo che delle facultà. Fu da
               Federigo  data  sepoltura  a  Taddeo  nella  Ritonda  di  Roma,  vicino  al
               tabernacolo dove è sepolto Raffaello da Urbino del medesimo stato, e
               certo  sta  bene  l'uno  a  canto  all'altro,  perciò  che  sì  come  Raffaello

               d'anni  trentasette  e  nel  medesimo  dì  che  era  nato  morì,  cioè  il
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