Page 1645 - Giorgio Vasari
P. 1645
del detto duca Alessandro furono poste ne' fondamenti della fortezza
della porta a Faenza, insieme con altre, nelle quali era da un lato la
testa di papa Clemente Settimo e dall'altro un Cristo ignudo, con i
flagelli della sua Passione. Si dilettò anco Francesco dal Prato delle
cose di scultura e gittò alcune figurette di bronzo, le quali ebbe il
duca Alessandro, che furono graziosissime; il medesimo rinettò, e
condusse a molta perfezione, quattro figure simili fatte da Baccio
Bandinelli, cioè una Leda, una Venere et un Ercole et un Apollo, che
furono date al medesimo Duca.
Dispiacendo adunque a Francesco l'arte dell'orefice e non potendo
attendere alla scultura, che ha bisogno di troppe cose, si diede,
avendo buon disegno, alla pittura; e perché era persona che
praticava poco, né si curava che si sapesse più che tanto che egli
attendesse alla pittura, lavorò da sé molte cose. Intanto, come si
disse da principio, venendo Francesco Salviati a Firenze, lavorò nelle
stanze che costui teneva nell'Opera di Santa Maria del Fiore, il quadro
di Messer Alamanno; onde con questa occasione vedendo costui il
modo di fare del Salviati, si diede con molto più studio, che insino
allora fatto non aveva, alla pittura; e condusse in un quadro molto
bello una conversione di San Paolo, la quale oggi è appresso
Guglielmo del Tovaglia. E dopo in un quadro della medesima
grandezza, dipinse le serpi che piovono addosso al popolo ebreo; in
un altro fece Gesù Cristo che cava i Santi Padri del limbo, i quali
ultimi due, che sono bellissimi, ha oggi Filippo Spini, gentiluomo che
molto si diletta delle nostre arti. Et oltre a molte altre cose piccole
che fece Francesco dal Prato, disegnò assai, e bene, come si può
vedere in alcuni di sua mano che sono nel nostro libro de' disegni.
Morì costui l'anno 1562 e dolse molto a tutta l'accademia, perché
oltre all'esser valentuomo nell'arte, non fu mai il più da bene uomo di
lui.
Fu allievo di Francesco Salviati Giuseppo Porta da Castel Nuovo della
Garfagnana, che fu chiamato anch'egli per rispetto del suo maestro,
Giuseppo Salviati. Costui giovanetto, l'anno 1535 essendo stato
condotto in Roma da un suo zio, segretario di monsignor Onofrio
Bartolini arcivescovo di Pisa, fu acconcio col Salviati, appresso al