Page 142 - Giorgio Vasari
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degli artefici nostri: i quali, avendo veduto in che modo ella da piccol
               principio si conducesse alla somma altezza, e come da grado sì nobile
               precipitasse  in  ruina  estrema,  e  per  conseguente  la  natura  di
               quest'arte, simile a quella dell'altre, che come i corpi umani hanno il
               nascere,  il  crescere,  lo  invecchiare  et  il  morire,  potranno  ora  più

               facilmente  conoscere  il  progresso  della  sua  rinascita  e  di  quella
               stessa perfezzione dove ella è risalita ne' tempi nostri. Et a cagione
               ancora, che se mai (il che non acconsenta Dio) accadesse per alcun

               tempo per la trascuraggine degli uomini o per la malignità de' secoli,
               oppure  per  ordine  de'  cieli,  i  quali  non  pare  che  voglino  le  cose  di
               quaggiù mantenersi molto in uno essere, ella incorresse di nuovo nel
               medesimo disordine di rovina, possano queste fatiche mie, qualunche
               elle si siano (se elle però saranno degne di più benigna fortuna), per

               le cose discorse innanzi e per quelle che hanno da dirsi, mantenerla
               in  vita,  o  almeno  dare  animo  ai  più  elevati  ingegni  di  provederle
               migliori aiuti; tanto che con la buona volontà mia e con le opere di

               questi tali ella abbondi di quegli aiuti et ornamenti, dei quali (siami
               lecito liberamente dire il vero) ha mancato sino a quest'ora.

               Ma tempo è di venire oggimai alla vita di Giovanni Cimabue, il quale,
               sì come dette principio al nuovo modo di disegnare e di dipignere,
               così è giusto e conveniente che e' lo dia ancora alle Vite, nelle quali
               mi  sforzerò  di  osservare,  il  più  che  si  possa,  l'ordine  delle  maniere

               loro, più che del tempo. E nel descrivere le forme e le fattezze degli
               artefici sarò breve, perché i ritratti loro, i quali sono da me stati messi
               insieme  con  non  minore  spesa  e  fatica  che  diligenza,  meglio
               dimostreranno  quali  essi  artefici  fussero  quanto  all'effigie,  che  il

               raccontarlo non farebbe già mai; e se d'alcuno mancasse il ritratto,
               ciò non è per colpa mia, ma per non si essere in alcuno luogo trovato.
               E  se  i  detti  ritratti  non  paressero  a  qualcuno  per  avventura  simili
               affatto ad altri che si trovassono, voglio che si consideri che il ritratto

               fatto d'uno quando era di diciotto o venti anni, non sarà mai simile al
               ritratto  che  sarà  stato  fatto  quindici  o  venti  anni  poi.  A  questo  si
               aggiugne,  che  i  ritratti  dissegnati  non  somigliano  mai  tanto  bene
               quanto  fanno  i  coloriti;  senza  che  gli  intagliatori,  che  non  hanno

               disegno, tolgono sempre alle figure, per non potere né sapere fare
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