Page 1446 - Giorgio Vasari
P. 1446
nuovo, una grande e bella abitazione con una salita di scale
bellissima e con molti ornamenti di pietra. Né passò molto che,
essendo detto Messer Tiberio fatto castellano di Castel Santo Agnolo,
fece andare il Mosca a Roma, dove si servì di lui in molte cose nella
rinovazione delle stanze di quel castello. E fra l'altre cose gli fé fare
sopra gl'archi che imboccano la loggia nuova, la quale volta verso i
prati, due armi del detto Papa di marmo, tanto ben lavorate e
traforate nella mitra o vero regno, nelle chiavi et in certi festoni e
mascherine, ch'elle sono maravigliose. Tornato poi ad Orvieto per
finire l'opera della cappella, vi lavorò continuamente tutto il tempo
che visse papa Paulo, conducendola di sorte, ch'ella riuscì, come si
vede, non meno eccellente che la prima e forse molto più. Perciò che
portava il Mosca, come s'è detto, tanto amore all'arte e tanto si
compiaceva nel lavorare, che non si faticava mai di fare, cercando
quasi l'impossibile, e ciò per disiderio di gloria che d'accumulare oro,
contentandosi più di bene operare nella sua professione che
d'acquistare roba.
Finalmente, essendo l'anno 1550 creato papa Giulio Terzo,
pensandosi che dovesse metter mano da dovero alla fabrica di San
Piero, se ne venne il Mosca a Roma e tentò con i deputati della
fabrica di S. Piero di pigliare in somma alcuni capitelli di marmo, più
per accomodare Giandomenico suo genero che per altro. Avendo
dunque Giorgio Vasari, che portò sempre amore al Mosca, trovatolo in
Roma dove anch'egli era stato chiamato al servizio del Papa, pensò
ad ogni modo d'avergli a dare da lavorare, perciò che avendo il
cardinal vecchio di Monte, quando morì, lasciato agl'eredi che se gli
dovesse fare in San Piero a Montorio una sepoltura di marmo, et
avendo il detto papa Giulio suo erede e nipote ordinato che si facesse
e datone cura al Vasari, egli voleva che in detta sepoltura facesse il
Mosca qualche cosa d'intaglio straordinaria. Ma avendo Giorgio fatti
alcuni modelli per detta sepoltura, il Papa conferì il tutto con
Michelagnolo Buonarruoti prima che volessi risolversi; onde, avendo
detto Michelagnolo a Sua Santità che non s'impacciasse con intagli
perché, se bene aricchiscono l'opere, confondono le figure, là dove il
lavoro di quadro, quando è fatto bene, è molto più bello che l'intaglio