Page 1396 - Giorgio Vasari
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Cristofano  andò  trovò  esso  Vasari  non  solo  aver  finito  l'opere  di
               quell'abbate,  ma  aveva  anco  fatto  una  tavola  all'altar  maggiore  di
               San Francesco d'Arimini per Messer Niccolò Marcheselli, et a Ravenna
               nella chiesa di Classi de' monaci di Camaldoli un'altra tavola al padre
               don  Romualdo  da  Verona,  abbate  di  quella  badia.  Aveva  apunto

               Giorgio l'anno 1550 non molto innanzi fatto in Arezzo nella badia di
               Santa Fiore de' monaci Neri, cioè nel refettorio, la storia delle nozze
               d'Ester,  et  in  Fiorenza  nella  chiesa  di  San  Lorenzo  alla  cappella  de'

               Martelli  la  tavola  di  San  Gismondo  quando,  essendo  creato  papa
               Giulio Terzo, fu condotto a Roma al servigio di Sua Santità, là dove
               pensò  al  sicuro,  col  mezzo  del  cardinal  Farnese  che  in  quel  tempo
               andò a stare a Fiorenza, di rimettere Cristofano nella patria e tornarlo
               in grazia del duca Cosimo. Ma non fu possibile, onde bisognò che il

               povero  Cristofano  si  stesse  così  infino  al  1554,  nel  qual  tempo
               essendo chiamato il Vasari al servizio del duca Cosimo, se gli porse
               occasione di liberare Cristofano. Aveva il vescovo de' Ricasoli, perché

               sapeva  di  farne  cosa  grata  a  sua  eccellenza,  messo  mano  a  fare
               dipignere di chiaro scuro le tre facciate del suo palazzo, che è posto
               in sulla coscia del ponte alla Carraia, quando Messer Sforza Almeni,
               coppiere e primo e più favorito cameriere del Duca, si risolvé di voler
               far anch'egli dipignere di chiaro scuro a concorrenza del vescovo la

               sua casa della via de' Servi. Ma non avendo trovato pittori a Firenze
               secondo  il  suo  capriccio,  scrisse  a  Giorgio  Vasari,  il  quale  non  era
               anco venuto a Fiorenza, che pensasse all'invenzione e gli mandasse

               disegnato  quello  che  gli  pareva  si  dovesse  dipignere  in  detta  sua
               facciata.  Per  che  Giorgio,  il  quale  era  suo  amicissimo  e  si
               conoscevano  insino  quando  ambidue  stavano  col  duca  Alessandro,
               pensato  al  tutto,  secondo  le  misure  della  facciata,  gli  mandò  un
               disegno di bellissima invenzione: il quale a dirittura da capo a piedi

               con ornamento vario rilegava et abelliva le finestre e riempieva con
               ricche  storie  tutti  i  vani  della  facciata.  Il  qual  disegno,  dico,  che
               conteneva per dirlo brevemente tutta la vita dell'uomo dalla nascita

               per infino alla morte, mandato dal Vasari a Messer Sforza, gli piacque
               tanto,  e  parimente  al  Duca,  che  per  fare  egli  avesse  la  sua
               perfezzione, si risolverono a non volere che vi si mettesse mano fino
               a tanto che esso Vasari non fusse venuto a Fiorenza. Il quale Vasari
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