Page 1053 - Giorgio Vasari
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VITA DEL MORTO DA FELTRO PITTORE E DI ANDREA DI
               COSIMO FELTRINI



               Morto, pittore da Feltro, il quale fu astratto nella vita come era nel
               cervello e nelle novità nelle grottesche ch'egli faceva, le quali furono
               cagione  di  farlo  molto  stimare,  si  condusse  a  Roma  nella  sua

               giovanezza  in  quel  tempo  che  il  Pinturicchio  per  Alessandro  VI
               dipigneva  le  camere  papali,  et  in  Castel  Sant'Angelo,  le  logge  e
               stanze da basso nel torrione e sopra altre camere. Per che egli, che
               era maninconica persona, di continuo alle anticaglie studiava, dove

               spartimenti  di  volte  et  ordini  di  facce  alla  grottesca  vedendo  e
               piacendogli,  quelle  sempre  studiò.  E  sì  i  modi  del  girar  le  foglie
               all'antica prese, che di quella professione a nessuno fu al suo tempo
               secondo.  Per  il  che  non  restò  di  vedere  sotto  terra  ciò  che  poté  in

               Roma  di  grotte  antiche  et  infinitissime  volte.  Stette  a  Tivoli  molti
               mesi  nella  villa  Adriana  disegnando  tutti  i  pavimenti  e  grotte,  che
               sono  in  quella  sotto  e  sopra  terra.  E  sentendo  che  a  Pozzuolo,  nel
               Regno, vicino a Napoli dieci miglia, erano insieme muraglie piene di

               grottesche, di rilievo, di stucchi e dipinte, antiche, tenute bellissime,
               attese parecchi mesi in quel luogo a cotale studio. Né restò che in
               Campana,  strada  antica  in  quel  luogo,  piena  di  sepolture  antiche,
               ogni  minima  cosa  non  disegnasse;  et  ancora  al  Trullo,  vicino  alla

               marina, molti di quei tempii e grotte sopra e sotto ritrasse. Andò a
               Baia  et  a  Mercato  di  Sabato,  tutti  luoghi  pieni  d'edificii  guasti  e
               storiati,  cercando  di  maniera  che  con  lunga  et  amorevole  fatica  in
               quella virtù crebbe infinitamente di valore e di sapere. Ritornato poi a

               Roma, quivi lavorò molti mesi et attese alle figure, parendogli che di
               quella  professione  egli  non  fosse  tale,  quale  nel  magisterio  delle
               grottesche  era  tenuto.  E  poi  che  era  venuto  in  questo  desiderio,
               sentendo i romori che in tale arte avevano Lionardo e Michelagnolo

               per  li  loro  cartoni  fatti  in  Fiorenza,  subito  si  mise  per  andare  a
               Fiorenza;  e  vedute  l'opere,  non  gli  parve  poter  fare  il  medesimo
               miglioramento, che nella prima professione aveva fatto. Laonde egli
               ritornò a lavorare alle sue grottesche.
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