Page 1044 - Giorgio Vasari
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mani;  e  poi,  perché  altri  non  se  ne  servissi,  le  guastava.  Le  quali
               fatiche  furono  cagione,  che  egli  fece  quella  maniera  così  pazza  e
               strana. Costui venuto finalmente in vecchiezza di settanta anni, fra
               per l'arte e la stranezza della vita, bestialissimamente impazzò; onde
               Messer  Francesco  Guicciardino,  nobilissimo  fiorentino  e  veracissimo

               scrittore delle storie de' tempi suoi, il quale era allora governatore di
               Bologna, ne pigliava non piccolo piacere insieme con tutta la città.
               Nondimeno credono alcuni, che questa sua pazzia fusse mescolata di

               tristizia, perché avendo venduto per piccol prezzo alcuni beni mentre
               era  pazzo  et  in  estremo  bisogno,  gli  rivolle,  essendo  tornato  in
               cervello, e gli riebbe con certe condizioni, per avergli venduto, diceva
               egli, "quando ero pazzo"; tuttavia, perché può anco essere altrimenti,
               non affermo che fusse così, ma ben dico che così ho molte volte udito

               raccontare. Attese costui anco alla scultura, e come seppe il meglio
               fece  di  marmo  in  San  Petronio,  entrando  in  chiesa  a  man  ritta,  un
               Cristo morto e Nicodemo, che lo tiene, della maniera che sono le sue

               pitture. Dipigneva Amico con amendue le mani a un tratto, tenendo
               in una il pennello del chiaro e nell'altra quello dello scuro; ma quello
               che  era  più  bello  e  da  ridere  si  è  che,  stando  cinto,  aveva  intorno
               intorno piena la coreggia di pignatti pieni di colori temperati, di modo
               che pareva il diavolo di San Macario con quelle sue tante ampolle. E

               quando lavorava con gl'occhiali al naso arebbe fatto ridere i sassi, e
               massimamente se si metteva a cicalare, perché chiacchierando per
               venti, e dicendo le più strane cose del mondo, era uno spasso il fatto

               suo.  Vero  è  che  non  usò  mai  di  dir  bene  di  persona  alcuna,  per
               virtuosa  o  buona  ch'ella  fusse,  o  per  bontà  che  vedesse  in  lei  di
               natura o di fortuna. E come si è detto fu tanto vago di gracchiare e
               dir novelle, che avendo una sera un pittor bolognese in sull'Ave Maria
               compero cavoli in piazza, si scontrò in Amico, il quale con sue novelle,

               non si potendo il povero uomo spiccare da lui, lo tenne sotto la loggia
               del podestà a ragionamento con sì fatte piacevoli novelle tanto che,
               condottisi  fin  presso  a  giorno,  disse  Amico  all'altro  pittore:  "Or  va,

               cuoci il cavolo, che l'ora passa".
               Fece altre infinite burle e pazzie, delle quali non farò menzione, per

               essere  oggimai  tempo  che  si  dica  alcuna  cosa  di  Girolamo  da
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