Page 3050 - Shakespeare - Vol. 3
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Come? Sei pure un depravato?



              APEMANTO
               Se tu avessi indossato quest’abito freddo e amaro
               per castigare il tuo orgoglio, andrebbe bene.
               Ma tu lo fai per forza. Tu vorresti
               essere di nuovo cortigiano, se non fossi

               straccione. La povertà volontaria sopravvive
               al lusso incerto, è incoronata prima;
               questo si ingozza sempre, non è mai

               sazio; quella lo è completamente.
               Lo stato più fortunato, se non è contento,
               ha un’esistenza più irrequieta e sciagurata
               di quella del più sfortunato, se è contento.
               Essendo in miseria tu dovresti

               desiderare la morte.



              TIMONE
               Non per le parole di chi è in una miseria più grande.
               Tu sei uno schiavo che il tenero braccio
               della Fortuna non ha mai stretto con favore

               ma ha allevato da cane. Se tu come noi
               avessi fin da quand’eri in fasce salito
               i dolci gradi che questo breve mondo
               concede a coloro che possono comandare

               a chi fatica sotto, ti saresti
               tuffato in ogni genere di bagordi, sciogliendo
               la tua giovinezza in letti diversi
               di lussuria, e mai avresti imparato

               i gelidi precetti della morale ma seguito
               il piacere zuccherato davanti a te.
               Ma io − che avevo il mondo come mia
               pasticceria, le bocche, le lingue, gli occhi

               e i cuori di uomini al mio servizio,
               più di quanti potessi impiegarne.
               Innumerevoli mi stavano attaccati
               come foglie alla quercia, ma a un solo soffio

               dell’inverno caddero dai rami lasciandomi
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