Page 3013 - Shakespeare - Vol. 3
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Mi ha fatto un grave affronto − sono
adirato con lui. Doveva sapere
qual è il mio posto. Non capisco.
In tali circostanze avrebbe dovuto
chiedere a me per primo, perché,
in coscienza, sono stato io il primo
a ricevere un dono da lui. E adesso
mi giudica così male da pensare
che sarò l’ultimo a ricambiare? No, tutto questo
potrebbe farmi oggetto di risa, e tra i miei pari
farmi considerare un babbeo.
Gli avrei dato tre volte quella somma
se per primo avesse mandato da me.
Per puro affetto, sarei stato pronto a farlo.
Ma adesso torna da lui e unisci questa mia
alle fiacche risposte degli altri:
chi sminuisce il mio onore
non conoscerà il mio denaro.
[Esce]
SERVO
Magnifico: Vostra Signoria è proprio un cialtrone. Il diavolo non sapeva cosa
combinava quando ha reso l’uomo politico: si è condannato da sé. E comincio
a pensare che alla fine le canagliate dell’uomo faranno apparire il diavolo
innocente. Con quale abilità questo signore si sforza di apparire turpe! Prende
la virtù come modello per fare il male, come quelli che, col pretesto di uno
zelo ardente, metterebbero a fuoco interi regni: di tale natura è il suo affetto
politico.
Questa era la speranza migliore del mio signore:
ora sono tutte fuggite, tranne gli dei.
Ora i suoi amici sono morti, e le porte
che in tanti anni di abbondanza mai conobbero
serrature, debbono essere usate
per tenere il loro padrone al sicuro.
Ecco a cosa riduce una condotta liberale:
chi non sa tenersi i suoi soldi
deve tapparsi in casa.
[Esce]