Page 2719 - Shakespeare - Vol. 3
P. 2719

sono stanco a morte di vivere,
               offro la gola al tuo antico livore.
               Se non la tagli ti dimostri sciocco,
               perché ti ho sempre perseguitato col mio odio,

               ho tratto barili di sangue dal petto della tua terra,
               e non posso che vivere a tuo disdoro
               se non vivo per servirti.



              AUFIDIO
                               O Marzio, Marzio!

               Ogni tua parola mi ha estirpato dal cuore
               una radice dell’antico odio. Se Giove
               da quella nuvola lì mi parlasse
               di cose divine dicendo «Sono vere»,
               non crederei a lui più che ora a te,

               nobilissimo Marzio. Lascia che intrecci
               le braccia attorno al corpo contro il quale
               cento volte s’è spezzata

               la mia lancia di frassino, sfregiando
               con le schegge la luna.
               Così ti stringo, incudine della mia spada,
               e con nobile ardore
               sfido il tuo amore come una volta

               con ambiziosa violenza
               ho sfidato il tuo valore. Devi sapere
               che io amavo la ragazza che ho sposata,

               nessuno sospirò più sinceramente. Ma ora
               che ti vedo qui, nobile creatura,
               il cuore mi balla nel petto più ebbro
               di quando vidi la mia fidanzata
               varcare la soglia della mia casa.

               A te, Marte, dico che abbiamo pronto un esercito,
               e ancora una volta pensavo di falciarti lo scudo
               dal braccio, o di perdere il mio. M’hai battuto

               ben dodici volte, e da allora ogni notte
               sogno che combattiamo −
               abbiamo lottato per terra nel mio sogno
               schiodandoci gli elmi, le dita alla gola −
   2714   2715   2716   2717   2718   2719   2720   2721   2722   2723   2724