Page 2577 - Shakespeare - Vol. 3
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126 V, ii, 215-220 Tanta è la maestria di Shakespeare, che a questo punto può persino introdurre quasi
una presa in giro di se stesso, che, sia pure per un momento, apre una nuova dimensione
temporale al dramma − quella della realtà teatrale elisabettiana. Cfr., analogamente, Julius Caesar,
III, 1, 111-113: «How many ages ages hence...».
127 V, ii, 219-220 Per tutto il periodo elisabettiano le parti femminili erano recitate da ragazzi (solo nel
1662 fu concesso alle attrici di calcare le scene). L’allusione ironica di Shakespeare arriva all’audacia
linguistica di usare boy come verbo.
128 V, ii, 239 È possibile un’allusione implicita a Iside, dea della luna, con cui Cleopatra si identificava (cfr.
sopra, III, vi, 17) e che ora abbandona per identificarsi con la «costanza romana».
129 V, ii, 240 didasc. Clown viene tradotto con l’accezione originaria di: zotico, rustico, contadino, da cui
si passa in seguito al significato di: persona ridicola, buffone, in quanto gli zotici apparivano tali ai
cittadini, e come tali venivano rappresentati sulla scena. Qui sembra maggiormente presente il
primo significato, anche se il personaggio introduce, nel culmine tragico e poetico del dramma, una
nota comica − secondo una mescolanza di «alto» e «basso» che si ritrova spesso in Shakespeare.
130 V, ii, 251 To lie è usato nel duplice significato di «mentire» e «giacere»: gioco di parole quasi
obbligato.
131 V, ii, 286 Husband: benché Antonio avesse sposato Cleopatra dopo la morte di Ottavia, il suo
matrimonio non era riconosciuto dalla legge romana, e qui l’appellativo usato da Cleopatra ha
essenzialmente valore umano e poetico.
132 V, ii, 288 Gli altri elementi sono l’acqua e la terra, cioè quelli più corporei del suo essere, che si
riteneva composto di quattro elementi, la cui diversa proporzione determinava il carattere. − Qui
Cleopatra si «rarefà» al massimo: ma vede sempre il tocco della morte come il pizzicotto di un
amante (v. 294) e ha paura che nell’aldilà Antonio incontri prima Carmiana (v. 301).
133 V, ii, 303 L’epiteto culto intrinsicate combina in sé intricate = aggrovigliato a intrinsic = essenziale,
sostanziale (ed è discusso da I.A. Richards in The Philosophy of Rhetoric, New York, 1936, pp. 64-
5). Il forte latinismo acquista qui valore per essere giustapposto al monosillabo di origine germanica
knot; cfr. analogamente sotto, v. 315: lass unparallel’d.
134 V, ii, 308-309 Nella fonte di Plutarco (e in Plinio) è detto che l’aspide morde Cleopatra al braccio, ma
l’idea che Cleopatra se l’applicasse al seno è diffusa nell’epoca. Secondo Thomas Browne,
Pseudodoxia Epidemica (1646, V, xii), l’origine di tale credenza andrebbe ricercata nel fatto che in
certe esecuzioni capitali dell’antichità si applicava ai condannati un aspide al petto.
135 V, ii, 315 Le palpebre come «finestre vellutate» è metafora comune in Shakespeare e nel periodo.
136 V, ii, 318 Allusione a quanto detto sopra da Cleopatra, vv. 230-231.
137 V, ii, 364 Il dramma, che si è aperto sull’idea dell’infatuazione e del «passar la misura» (in Egitto) si
chiude congruamente con il prevalere del «high order» e della «solennità» romana.