Page 2573 - Shakespeare - Vol. 3
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58 II, vii, 14 Allusione alla concezione tolemaica delle sfere mobili in cui si trovano i pianeti, ripresa in
                 svariati punti del dramma (III, xiii, 146, IV, xv, 10 e V, ii, 84).
              59 II, vii, 26-27 Nuova allusione (come sopra) all’idea della generazione spontanea (abiogenesi).

              60 II, vii, 34 La storpiatura di Lepido (pyramises) sembra dovuta al suo stato di ubriachezza.
              61 III, i Anche questa scena sottolinea le debolezze e le contraddizioni che minano il mondo romano,
                 dei triumviri e dei «guerrieri».
              62 III, i, 2 Il triumviro Crasso era stato sconfitto nel 53 a.C. da Surena, generale di Orode, re dei Parti
                 e padre di Pacoro, e ucciso a tradimento durante una trattativa.
              63 III, i, 17-20 Non ne parla la fonte, ed è aggiunta di Shakespeare.

              64 III,  ii,  6  Enobarbo  insinua  che  Lepido  languisca  d’amore  per  Cesare  ed  Antonio,  e  lo  deride  per
                 questo.

              65 III, ii, 16-17 Questi due versi suonano come una parodia dei cosiddetti sonetti enumerativi, dove
                 una sequela di sostantivi regge una corrispondente sequela di verbi (o viceversa). Cfr. anche in  IV,
                 xv, 25-26.
              66 III, ii, 20 Cioè Cesare e Antonio sono le due ali che permettono di alzarsi al goffo e pesante Lepido
                 (l’interpretazione di shards è però dibattuta).
              67 III, ii, 26-27 Anche qui i termini sono quelli del linguaggio commerciale, che compaiono sempre a
                 connotare il rapporto Cesare-Ottavia-Antonio.

              68 III, ii, 52 Enobarbo gioca sul significato di cloud, che oltre alla «nube» indicava una macchia nera o
                 scura sul muso del cavallo, considerata segno di ombrosità.

              69 III, ii, 54-56 Questi episodi compaiono nel Julius Caesar, III, i, 282-285 e V, v. 68 segg.
              70 III, iii Cleopatra procede qui a rassicurarsi sull’effettiva qualità e «presa» di Ottavia: così il v. 14 può
                 essere  tanto wishful  thinking,  quanto  riferimento  a  un’opinione  dell’epoca  elisabettiana,  che  pare
                 ritenesse  una  qualità  avere  la  voce  alta,  mentre  al  v.  16  Cleopatra  interpreta  a  modo  suo,
                 esagerando, il resoconto del messo, e ai vv. 28-29, avendo lei stessa trentotto anni, sorvola sulla
                 questione  dell’età  di  Ottavia.  Quella  espressa  al  v.  31  era  opinione  diffusa  negli  antichi  testi  di
                 fisiognomia.

              71 III,  iv  e  v  Repentinamente,  quand’ancora  Cleopatra  sta  sfogando  la  sua  furia,  dalle  parole  di
                 Antonio  e  Eros  apprendiamo  che  siamo  alla  rottura  fra  i  triumviri.  Un  improvviso  «rovescio»  che
                 sembra turbare Ottavia più di quanto non turbi Antonio, mentre la sconfitta di Pompeo dopo che è
                 stata appena fatta la pace e la caduta di Lepido non turbano nessuno. Ma la portata della rottura
                 sta nell’immagine ripetuta (iv, 31 e v, 13-14) del mondo che si spacca e potrà essere colmato e
                 placato solo dai cadaveri degli uomini.
              72 III, v, 16-17 Il riferimento può essere qui, con rottura dei piani temporali, alle stuoie di giunchi che
                 coprivano il palcoscenico dei teatri elisabettiani.
              73 III, v, 18-19 Pompeo, sconfitto in Sicilia, si era rifugiato nell’isola di Samo, e lì era stato assassinato
                 dal luogotenente di Antonio, dietro suo ordine (così nella fonte).

              74 III, vi Del ritorno di Antonio da Cleopatra è data notizia indirettamente, tramite le indignate (o ben
                 calcolate?)  parole  di  Ottaviano  a  Roma,  che  poi  sfrutta  magistralmente  (e  demagogicamente)
                 l’arrivo di Ottavia, di cui parla sempre, nonostante l’affetto conclamato, come di un oggetto.
              75 III, vi, 6 Il «padre» è Giulio Cesare, da cui Ottaviano era stato adottato nel testamento.

              76 III, vi, 10 Nella fonte di Plutarco si parla della Libia, non già (come qui) della Lidia.
              77 III, vi, 32-33 Questa la scusa accampata da Ottaviano nella fonte.
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