Page 2197 - Shakespeare - Vol. 3
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sensuale e terreno − si raffina e si sublima, ma secondo il principio anche qui
          dell’ambivalenza e del paradosso. Riconoscendo la dissoluzione assoluta del
          reale, si accosta al gesto nobile e alla saldezza del marmo dei nemici romani,
          abbandona «la luna fuggevole», si identifica con Antonio guerriero. Ridotta a

          mera donna «quotidiana», nell’episodio di Seleuco ricorre alla sua proverbiale
          astuzia per beffare le intenzioni di Ottaviano, ma poi assume il manto della
          regalità  più  eccelsa.  Parallelamente,  nel  suo  insistito day-dreaming,  in  cui
          Antonio acquista ormai la dimensione del semidio e l’aldilà sembra riservare

          quell’eternità  dell’amore  che  sulla  terra  non  è  stata  possibile,  Cleopatra
          mescola  sublimità  poetiche  a  fremiti  sensuali,  iperboli  prive  di  senso,
          fantasticherie  incontrollate.  Nel  momento  in  cui  è  più  regina  −  ed  è  il
          momento  della  morte  −  è  anche  più  donna;  pensa  all’Elisio  ma  non  può

          staccare il pensiero dagli orrori d’esser magari manipolata dai lascivi littori a
          Roma;  facendosi  mordere  dall’aspide  compie  l’identificazione  finale  fra  il
          morso della morte (e dell’oblio) e il morso dell’amore (e del sole) che sono
          stati sua ambivalente e contraddittoria caratteristica per tutto il dramma. Si

          scioglie alla fine il nodo della vita, ma in un dramma che è stato animato da
          un senso della pienezza e dell’esuberanza del cuore forse fra i più intensi in
          Shakespeare.





          Linguaggio e «imagery»

          Che si tratti di una tragedia problematica e paradossale (Schanzer) è rivelato
          non  solo  o  non  tanto  dall’azione  drammatica,  dal  porsi  e  dalle  pose  dei

          personaggi,  dall’atmosfera  elevata  dell’ultimo  atto,  quanto  dall’energia  e
          dalla forza poetica che animano il linguaggio e dalla imagery che lo pervade,
          esprimendone  i  più  riposti  e  contraddittori  significati.  Come  afferma  Derek
          Traversi, «Lo scarto fra ciò che è senza dubbio, da un dato punto di vista, una

          sordida  infatuazione,  e  il  senso  di  trionfo  che  certo  (anche  se  non
          esclusivamente)  predomina  nelle  scene  finali,  è  risolto  mediante  una
          stupenda trasformazione del contesto delle immagini. La putrefazione diventa
          la base della fertilità, l’opulenza diventa regalità, l’infatuazione si cambia in

          passione trascendente, tutto per mezzo di un processo organico». Linguaggio
          e  imagery  (come  avvertiva  John  Wain)  tengono  letteralmente  assieme  il
          dramma  e  ne  rivelano  le  profonde  valenze;  sono  elementi  strutturali,
          portatori di significato al pari dell’azione drammatica.

          Il  linguaggio  di Antony and Cleopatra è caratterizzato da un’estrema libertà
          stilistica, mentre il dettato poetico, la diction, appare quanto mai sciolta ed
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