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e pienezza di vita. Su questa base si intendono anche meglio quegli insistiti
          richiami  e  rispondenze  instaurati  fra  Antonio  e  Cleopatra  e  la imagery  di
          amore e morte che li contraddistingue. Tipicamente manieristica e di pretto
          gusto «metafisico», tale correlazione evidenzia il complesso carattere sia del

          loro rapporto che della loro esperienza, costituendo il presupposto del trionfo
          finale. Per Enobarbo, la morte (figura maschile, occorre ricordare, in inglese),
          commette  atti  d’amore  su  Cleopatra  (I,  ii,  140);  alla  conclusione,  ella  la
          corteggia  come  amante  (V,  ii,  294-295)  e  ne  sarà  posseduta,  secondo  le

          parole di Carmiana (V, ii, 314-315). Del pari, Antonio in battaglia corteggia la
          morte come amante (III, xiii, 193-194) e come a un amante le corre incontro
          dopo la sconfitta (IV,  xiv,  99-101).  Oltre  che  dalla  morte,  Cleopatra  si  dice
          pure  concretamente  pizzicata  da  Febo:  in  Antonio  e  Cleopatra  si  esprime

          quindi una correlazione di due principi opposti e complementari − quelli che
          freudianamente si potrebbero chiamare il pleasure principle e il death wish.
          Se  l’anelito  di  morte  coesiste  all’impulso  passionale,  anche  a  livello  delle
          immagini  questo  attinge  una  sublimazione  proprio  attraverso  una  morte

          concreta e sensuale, che non lo rinnega ma lo esalta.
          Così  la  preponderante  immagine  dell’acqua  non  solo  esprime,  in  bene  e  in
          male, il contrasto dei due mondi storici e ideali in conflitto, ma evidenzia lo
          stesso  paradossale  andamento  delle  vicende  personali.  Nelle  invocazioni

          speculari «Let Rome in Tiber melt» (I, i, 33) e «Melt Egypt into Nile» (II, v,
          73) non solo si esprime l’irresponsabilità politica di Antonio e l’incuranza di
          Cleopatra,  ma  è  implicito  un  più  vasto  desiderio  di  dissoluzione,  un  tipico
          cupio  dissolvi,  che  a  ogni  livello  si  realizza  per  gli  amanti.  Ricorrenti  nel

          dramma  e  cospicui  sono  concetti  e  verbi  come to  melt,  fade,  dissolve,
          discandy,  disponge,  dislimn  e  simili.  Per  quanto  riguarda  Antonio,  il locus
          classicus è il celebre passo in cui egli si rispecchia e si riconosce nelle vuote
          figurazioni delle nubi e dei vapori (IV, xiv, 1-14), in cui l’esistenza stessa si

          dissolve.  Per  Cleopatra,  l’anelito  di  dissoluzione  è  espresso  in  un  passo
          altrettanto  noto  (III,  xiii,  159-167)  in  cui  ella  immagina  la  grandine  che  si
          forma nel suo cuore indurito e, squagliandosi, annulla la sua vita. Così il cupio
          dissolvi di Antonio si realizza dapprima come perdita di autorità (III, xiii, 90) e

          con lo «squagliarsi» dei suoi amici e seguaci (IV, xii, 20-23), mentre sul piano
          personale esso si attua con la deposizione delle armi, la rinuncia all’azione e
          la  suddetta  identificazione  con  la  dissolvenza  delle  nubi  (IV,  xiv).  Per
          Cleopatra si attua come sofferto riconoscimento che la corona del mondo si

          dissolve (IV, xv, 63) e come ritorno al fiume Cidno ( V, ii 227). Per entrambi,
          l’immagine  correlata  è  quella  del  compimento  del  giorno,  dello  spegnersi
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