Page 2191 - Shakespeare - Vol. 3
P. 2191

PREFAZIONE







          Composizione e fonti


          Come  gli  altri  drammi  romani, Antony  and  Cleopatra  fu  pubblicato  per  la
          prima  volta  nell’In-folio  del  1623.  In  base  a  convincenti  prove  esterne  ed
          interne,  se  ne  può  far  risalire  la  composizione  al  1606-07:  è  quindi  fra  le

          ultime grandi tragedie composte da Shakespeare e per alcuni aspetti sembra
          preannunciare  l’imminente  stagione  dei romances.  Le  prove  interne  per  la
          datazione si basano proprio sulla raggiunta maturità di stile e in particolare

          sulla  ricchezza  delle  metafore  e  della imagery,  sul  carattere  ellittico  e
          compresso  del  linguaggio,  sulla  libertà  metrica,  sulla  frequenza  di
          enjambements  nel  verso.  Fonte  diretta  del  dramma  furono  le Lives  of  the
          noble Grecians and Romans di Plutarco da Cheronea tradotte in inglese (dal
          francese di Jacques Amyot) da Sir Thomas North (I ed. 1579, II ed. 1595: per

          certe parti concernenti Pompeo furono probabilmente tenute presenti le Bella
          civilia  di  Appiano,  tradotte  in  inglese  nel  1578).  La  fonte  fu  seguita  molto
          fedelmente,  con  la  consueta  compressione  degli  avvenimenti  storici  (41-30

          a.C.)  a  dodici  giorni  di  azione  drammatica,  ma  con  una  sorprendente
          aderenza  al  testo  di  North,  che  in  alcuni  passi  appare  semplicemente
          verseggiato − quasi che Shakespeare lo tenesse sotto gli occhi componendo
          il dramma. Poche, anche se significative, le omissioni e le aggiunte. Da un
          lato Shakespeare non menziona i rovesci subiti da Antonio nelle guerre coi

          Parti e dilata la sua vittoriosa scaramuccia ad Azio in una giornata di vittoria,
          esaltando la «absolute soldiership» e le grandi doti del suo protagonista a cui
          accennava Plutarco, quali il calore umano, la giovialità, la nobiltà d’animo e

          l’elevata concezione del suo ruolo, in modo da farne una figura composita e
          problematica, nei cui stessi difetti c’è un aspetto di grandezza. D’altro canto,
          Shakespeare accentuò le divisioni del mondo romano, in cui opera non solo il
          freddo  principio  dell’efficienza  politica,  ma  il  principio  della  doppiezza,  e
          attribuì significative limitazioni alle relative figure, quali il torpore di Lepido e

          il calcolo di Ottaviano, mentre Ottavia viene lasciata in ombra e presentata
          come sterile. Se di Cleopatra, secondo alcuni, Shakespeare fece una creatura
          più corrotta e infida che non in Plutarco, ne accentuò però le connotazioni di

          vitalità  e  fertilità,  ampliando  i  termini  del  contrasto  da  storico  a  mitico-
          simbolico  e  configurandolo  come  contrapposizione  bilanciata  di  un  ordine
   2186   2187   2188   2189   2190   2191   2192   2193   2194   2195   2196