Page 2002 - Shakespeare - Vol. 3
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è umiliato dal suo, come quello
di Marc’Antonio, si dice, dal genio di Cesare.
Sgridò le tre sorelle quando m’attribuirono
il nome di re, ordinò loro di parlargli.
E allora da profetesse lo salutarono
padre d’una serie di re.
Sulla mia testa posero una corona sterile,
e in questa grinfia misero uno scettro infecondo
che una mano d’estraneo mi strapperà perché
un figlio non può succedermi. Se è così
per la stirpe di Banquo ho insozzato la mia anima,
per loro ho assassinato l’amabile Duncan,
ho versato rancori nel calice della mia pace
solo per loro; e il mio gioiello eterno
l’ho ceduto al nemico di ogni uomo,
per farli re, il seme di Banquo re!
Ma allora, piuttosto, scendi in lizza, destino, 22
e combattiamo a oltranza. Chi è?
Entrano il servo e due sicari.
Torna alla porta e restaci finché ti chiamo.
Il servo esce.
È stato ieri che vi ho parlato?
SICARI
Sì, vostra altezza.
MACBETH
Bene, e allora,
avete riflettuto sul mio discorso?
È stato lui, ricordàtelo, che in passato
vi ha tenuti così in basso, e voi
pensavate che fossimo noi, innocenti.
Questo ve l’ho provato nell’ultimo incontro;
ho passato in rassegna le prove dell’inganno,
con quali mezzi foste ostacolati, e chi
li adoperò, e ogni altra cosa che pure
ad uno scimunito, a una mente bacata